11 Aprile 2023

I dati raccolti dall’Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche fotografano una situazione quasi mai verificatasi in passato: i bacini fluviali sono in pesante deficit pluviometrico. Tutte le regioni sono nella morsa siccità. Da Nord a Sud ecco i casi più preoccupanti

di Emanuele Isonio

 

L’inverno appena concluso si è collocato al secondo posto tra quelli più caldi mai registrati. Il tasso degli accumuli di neve non poteva che far segnare un record altrettanto negativo: -63% rispetto alla media di questo periodo, rileva un’indagine della Fondazione CIMA (Centro Internazionale in Monitoraggio Ambientale) riportata dal Sole24Ore. Quest’anno, alla metà di febbraio, si potevano contare appena 4 miliardi di metri cubi d’acqua rispetto alla media di 10-13 di cui disponiamo di solito. In pratica, la stagione invernale ha registrato appena un terzo della neve degli ultimi anni. Un problema che ha colpito sia l’arco alpino sia la dorsale appenninica. La conseguenza, per i prossimi mesi, non può che essere più che preoccupante: con la scomparsa la neve, svanisce l’ultima risorsa a nostra disposizione per contrastare la siccità.

La denuncia arriva dall’Osservatorio sulle Risorse Idriche dell’ANBI (Associazione Nazionale Consorzi per la gestione e la tutela del territorio e delle acque irrigue), che ha presentato nei giorni scorsi una fotografia delle situazioni più gravi. Da Nord a Sud il quadro presentato è sconfortante. Come grande è l’allarme per il pericolo di mancanza d’acqua cui dovranno far fronte molti territori della Penisola.

L'anomalia rispetto alla media dell'indice indice SWE, indicatore internazionale che indica l'entità del manto nevoso e lo spessore dello strato d'acqua corrispondente alla sua fusione. FONTE: Joint Research Center - Commissione Europea 2023.

L’anomalia rispetto alla media dell’indice indice SWE, indicatore internazionale che indica l’entità del manto nevoso e lo spessore dello strato d’acqua corrispondente alla sua fusione. FONTE: Joint Research Center – Commissione Europea 2023.

Nord Ovest: deficit pluviometrico tra 40 e 80%

L’unica regione a sorridere è al momento la Valle d’Aosta: i 72 milllimetri di pioggia caduti a marzo sono superiori alla media storica mensile, nella quale rientra invece l’indice SWE, indicatore internazionale che indica l’entità del manto nevoso e lo spessore dello strato d’acqua corrispondente alla sua fusione. Di tutto questo beneficia la portata della Dora Baltea, che comunque è al 30% di quanto mediamente registrato ad Aprile.

Nel vicino Piemonte la situazione è ben diversa: da inizio anno pioggia e neve sono la metà del consueto. Il deficit pluviometrico mensile si attesta al 40%, ma a livello di bacini fluviali arriva a toccare l’81% sull’Orba, il 74% sulla Bormida il 67% sul Cervo, il 62% su Scrivia Curone. Per quanto riguarda la neve, nel bacino piemontese il deficit si attesta al 48%, ma solo grazie al contributo positivo del macrobacino della Dora Baltea. Altrove, si registrano deficit di manto nevoso del 100% sul Cervo, 99% sul Tanaro, 85% sulla Stura di Demonte, 82% sul Ticino.

Di conseguenza, calano le portate di tutti i fiumi: Tanaro ha oltre l’80% in meno di acqua, Toce -75%, Stura di Lanzo -72%, Stura di Demonte -70%. Le risorse idriche disponibili complessive sono inferiori del 45%  alla media, ma solo perché a falsare i dati statistici è ancora il macrobacino della Dora Baltea (-7%), senza il quale lo scarto salirebbe addirittura al 73% nel Piemonte meridionale (Piemonte settentrionale -59%, orientale -54%, occidentale -52%). Ovviamente non va meglio per le acque sotterranee, le cui analisi evidenziano ovunque una situazione di criticità diffusa.

“La crisi idrica del Piemonte sembra senza fine. E la condizione è destinata ad aggravarsi per la mancata sommersione di oltre 8mila ettari di risaie, che svolgevano una straordinaria funzione ambientale, contribuendo a rimpinguare le falde e ad irrorare i territori” commenta Francesco Vincenzi, presidente dell’ANBI. “È incredibile e preoccupante che ampie zone della regione siano toccate da una siccità definita estrema, cioè l’anticamera della desertificazione”.

Nord Est, sulle Dolomiti deficit nevoso al 52%

In Lombardia restano stabili, ma molto scarse come l’anno scorso, le portate del fiume Adda. Continuano a calare anche i livelli di Serio ed Oglio, mentre il Mincio, grazie ad un maggiore afflusso dal lago di Garda, guadagna qualche millimetro. Le riserve idriche scarseggiano sempre più. La neve presente al suolo è il 66% in meno di quanta ve ne dovrebbe essere ed è inferiore del 13% al minimo storico: – 56,7% con punte di quasi il 75% sul Brembo, 72,4% sul Serio. Il caso più preoccupante è quello dei bacini Toce-Ticino-Verbano che – ricordano i dati di ARPA Lombardia – fanno segnare non solo il 76,4% in meno della media ma anche oltre il 41% in meno rispetto al minimo storico.

In Veneto, alla buona performance del fiume Adige, che in una settimana cresce di ben 90 centimetri, si contrappone la condizione del Piave ormai in balia della risalita del mare, già segnalata ad oltre 30 chilometri dalla foce, inaridendo le sponde. Le portate degli altri corsi d’acqua, in calo dalla seconda decade del mese di Gennaio, si mantengono nettamente inferiori alle medie storiche (Brenta: -55%) e non di rado anche al minimo storico mensile (Bacchiglione: -71%).

Sul territorio regionale, a marzo sono caduti mediamente 37 millimetri di pioggia a fronte di una media mensile di 65 mm (-43%) con il deficit maggiore, registrato nel bacino della Livenza (-55%): dall’inizio dell’anno idrologico mancano all’appello 6 miliardi e 333 milioni di metri cubi d’acqua. Lo spessore dello strato di neve è inferiore alla norma: sulle Dolomiti il deficit è del 52% rispetto alla media e nelle Prealpi è dell’ 86%. A fine marzo, i livelli di falda in alta pianura sono inferiori ai minimi assoluti, registrati in questo periodo negli ultimi 20 anni. In media e bassa pianura, la situazione è leggermente migliore, anche se i livelli sono ben inferiori ai valori attesi per il periodo.

Grandi laghi: il Garda vicino al minimo storico

È sostanzialmente stabile la condizione dei grandi bacini naturali del Nord. Il lago di Garda resta vicino al minimo storico con una percentuale di riempimento del 37,9% quando l’anno scorso era superiore all’80%. Restano sotto media anche gli altri bacini lacustri con Sebino e Lario in leggera ripresa.

Il dramma del fiume Po è ora evidente lungo tutto il suo percorso. La portata decresce ovunque vistosamente ed è inferiore ai minimi storici e addirittura al siccitosissimo 2022. Giorno dopo giorno i deficit di portata aumentano, tanto che all’ultimo rilevamento a Pontelagoscuro, dove lo scarto è del 72% sulla media storica, si è già scesi a 433,28 metri cubi al secondo, sfondando la soglia di 450 mc/s, sotto cui il fiume non è in grado di opporre resistenza alla risalita del cuneo salino.

Centro Italia: portata dei fiumi ridotta quasi ovunque

Anche in Emilia Romagna resta qualche centimetro di neve solo in alcune zone dell’Appennino. Nel settore centrale della regione, i fiumi tornano a scendere e, tranne la Trebbia, presentano attualmente portate inferiori anche al 2022. La Secchia torna addirittura sotto il minimo storico. Curioso quanto sta accadendo nel piacentino: l’invaso di Mignano è riuscito a riempirsi all’80%, mentre l’altro bacino artificiale della provincia (Molato) è solo al 15% di riempimento.

In Toscana si riducono le portate dei fiumi Ombrone, Serchio e Sieve, mentre aumenta quella dell’Arno, unico sopra media (fonte: entro Funzionale Regione Toscana).

Andamento idrologico discontinuo anche nelle Marche dove, complice la fine degli apporti nivali, tornano a decrescere i fiumi Potenza ed Esino, mentre crescono Sentino e Nera, che invece decresce nel tratto umbro, così come il Tevere, mentre resta invariato il Chiascio. Confortante è la condizione degli invasi, che segnano la migliore performance dal 2019: trattengono oltre 53 milioni di metri cubi d’acqua.

In Umbria è invece contrastante la condizione dei laghi. Mentre il Trasimeno ristagna al livello più basso dal 2019, il volume idrico trattenuto dalla diga di Maroggia cresce di circa 500mila metri cubi.

Nel Lazio, l’attuale altezza idrometrica del fiume Tevere è in linea con quella del recente biennio. Si riducono invece le portate di Aniene, Liri e Sacco. Calano leggermente anche i livelli dei laghi di Nemi e Bracciano.

Meridione: Lucania in controtendenza

Netta è invece la riduzione di portata nel fiume Volturno sia nella sezione molisana a monte, sia in Campania, dove decrescono i livelli anche di Sele e Liri- Garigliano.

In Basilicata, le cospicue piogge cadute sui bacini di Monte Cotugno e Pertusillo hanno accresciuto, con circa 8 milioni di metri cubi, la quantità d’acqua complessivamente invasata. L’Autorità di Bacino Distrettuale dell’Appennino Meridionale ricorda che tali valori si avvicinano alla scorsa positiva annata idrologica nella regione.

Gli invasi della Capitanata in Puglia rilasciano invece qualche centinaio di migliaia di metri cubi d’acqua, ma mantengono un confortante surplus su quanto trattenuto nella scorsa primavera (+ 6,51 milioni di metri cubi).

In Calabria, infine, si conferma un andamento idrologico disomogeneo tra le varie province. Se, infatti, l’invaso di Monte Marello segna un record positivo rispetto agli ultimi anni, la diga di Sant’Anna, nel crotonese, registra la peggiore prestazione dal 2017.