La ricerca USA: alcune piante aiutano a ripulire i bordi delle strade dal sale e dagli agenti inquinanti. Ma il loro contributo non è sufficiente. Occorre ridurre le applicazioni antigelo
di Matteo Cavallito
Alcune specie di piante invasive che crescono ai bordi delle strade e in altri ambienti umidi e degradati possono aiutare a ripulire il suolo dagli agenti inquinanti. Lo ipotizza un gruppo di ricercatori del College of Agriculture, Health, and Natural Resources dell’Università del Connecticut e della Loyola University di Chicago. Lo studio, pubblicato sulla rivista Ecological Engineering, si concentra sugli esemplari di Typha – un genere di piante che comprende decine di specie – e di cannuccia di palude (Phragmites australi).
Il sale favorisce la diffusione dei metalli nel suolo
Particolarmente tolleranti alla salinità, queste piante crescono al margine delle strade dove il sale è applicato in funzione antigelo, ricordano i ricercatori. E non è un caso. A partire dalla seconda metà del secolo scorso, sottolinea Beth Lawrence, docente del Dipartimento di risorse naturali e ambiente dell’Università del Connecticut in una nota diffusa dallo stesso ateneo, “la quantità di applicazioni è aumentata in modo esponenziale e ci sono crescenti preoccupazioni sull’impatto ambientale”.
Gli ecosistemi stradali, in particolare, “sono sempre più salini e contengono un elevato carico di metalli pesanti come zinco e piombo provenienti dalle auto e dalle loro emissioni”
Il problema, aggiunge, è che la chimica degli ioni salini mobilita i metalli nel suolo, rendendo più facile il loro spostamento nell’ambiente e causando problemi. La rimozione del sale dall’ambiente è tipicamente complessa. Da qui l’interesse per la capacità delle piante di assorbirlo e immagazzinarlo nei loro tessuti ripulendo così il terreno.
Lo studio
“Il biorisanamento è stato proposto come strategia per mitigare i crescenti rischi associati alla salinizzazione dell’acqua dolce”, si legge nello studio. Ma non sono ancora stati condotti test sperimentali su larga scala”. Gli autori hanno identificato dieci aree umide raccogliendo e analizzando la biomassa vegetale per due stagioni di crescita. Valutando, inoltre, la chimica del suolo e quella dei tessuti delle piante.
In definitiva, ha confermato lo studio, “La raccolta di Typha e cannuccia di palude, piante onnipresenti nelle zone umide di tutto il mondo, consente di rimuovere sia i sali (sodio, cloro, calcio, magnesio) che i metalli pesanti (zinco, rame, ferro, manganese).”.
Le piante di Typha si sono rivelate più efficaci nell’assorbire i sali. Le cannucce di palude, al contrario, tendono ad accumulare meglio i metalli arrivando così a contenere livelli più elevati di zinco e rame. “Sebbene le raccolte ripetute abbiano ridotto la biomassa in superficie e le relative scorte di sale e metalli, la raccolta a rotazione delle comuni piante che crescono nelle zone umide adiacenti alle strade potrebbe massimizzare la riduzione degli inquinanti”, spiega ancora lo studio.
Obiettivo: ridurre l’applicazione di sale
La percentuale di sali rimossi, ricordano gli scienziati, dipende dal tasso di applicazione, dal grado di crescita delle piante e dal tempo di permanenza dell’acqua. Tuttavia, precisano, “i nostri dati suggeriscono che la raccolta di piante macrofite invasive dai bacini delle strade urbane non può essere una soluzione definitiva alla salinizzazione dell’acqua dolce, poiché in questo modo si può attenuare solo in minima parte la presenza di sale”.
Nel dettaglio, una rimozione completa di tutta la biomassa fuori terra all’interno di un bacino di un ettaro consentirebbe di eliminare meno dello 0,5% del sale aggiunto. Per questo “Dobbiamo davvero concentrarci sulla riduzione delle applicazioni saline sulle strade”, conclude Lawrence.