23 Giugno 2025

Le oscillazioni climatiche sono un pericolo costante per le mangrovie

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Uno studio dimostra per la prima volta come le alterazioni di temperatura nell’Oceano Pacifico impattino sulle mangrovie secondo uno schema consolidato. Nelle aree degradate, i loro servizi ecosistemici sono a rischio

di Matteo Cavallito

I fenomeni climatici di grande portata come El Niño e La Niña impattano in modo significativo sulle mangrovie a livello globale. Un dato che emergerebbe con chiarezza dall’analisi pluridecennale dei dati satellitari e che, inevitabilmente, genera preoccupazione sulla tenuta di queste piante e il mantenimento del loro ruolo cruciale nella protezione degli ecosistemi costieri. A suggerirlo è uno studio condotto dalla Tulane University di New Orleans e pubblicato sulla rivista Nature Geoscience.

L’Oscillazione e i suoi effetti

L’indagine si è concentrata sugli effetti dei fenomeni El Niño e La Niña che compongono la cosiddetta Oscillazione Meridionale o ENSO che si verifica mediamente una volta ogni cinque anni tra dicembre e gennaio. In sintesi: nella fase definita El Niño, le acque del Pacifico orientale si riscaldano, durante La Niña si raffreddano. Questo effetto altera le precipitazioni, le tempeste e le temperature nel Pianeta, causando inondazioni, siccità e cambiamenti nell’attività degli uragani.

Ma quali sono i loro effetti diretti sulle mangrovie? In passato, sottolinea una nota dei ricercatori, gli impatti su queste piante erano stati documentati in modo frammentario chiamando in causa singoli eventi.

Tra questi, la drammatica moria di mangrovie verificatasi nel 2015 nel nord dell’Australia, con oltre 40 milioni di esemplari colpiti in un tratto costiero di quasi 2.000 chilometri. “Volevamo capire se si trattasse di eventi isolati o se questi facessero invece parte di un modello più ampio”, ha spiegato Zhen Zhang, ricercatore della Tulane School of Science and Engineering e co-autore della ricerca. “I nostri risultati confermano che l’ENSO ha effetti ricorrenti su larga scala sugli ecosistemi di mangrovie in tutto il mondo”.

 

L’impatto segue uno schema globale

Utilizzando informazioni satellitari relative all’indice di area fogliare (Leaf Area Index), in combinazione con dati oceanici e climatici per valutare lo stato di salute delle mangrovie dal 2001 al 2020, lo studio – che ha coinvolto anche l’Università di Xiamen e la National University of Singapore – ha individuato per la prima volta la presenza di uno schema. Descrivendo, in altre parole, come l’Oscillazione influenzi la crescita o il degrado di queste piante a livello globale.

Nella ricerca “dimostriamo che oltre il 50% delle zone coperte dalle mangrovie a livello globale subisce variazioni significative nel corso degli eventi legati all’ENSO”, spiegano gli autori.

A spiccare, rileva lo studio, è “uno schema altalenante in cui l’area fogliare delle mangrovie diminuisce nel Pacifico occidentale ma aumenta in quello orientale durante El Niño seguendo invece il comportamento inverso durante La Niña”. Il cosiddetto Dipolo dell’Oceano Indiano, ovvero l’oscillazione della temperatura superficiale di quest’ultimo, influisce in modo simile ma con effetti meno evidenti. “Questi modelli – precisano gli autori – sono guidati da corrispondenti fluttuazioni del livello del mare attraverso i bacini oceanici del Pacifico e dell’India, con contributi locali da parte dei cicli nodali lunari”.

A rischio i servizi ecosistemici delle mangrovie

I risultati, insomma, dimostrano come l’oscillazione colpisca su larga scala questi ecosistemi già minacciati, peraltro, da altri fattori come l’urbanizzazione e il cambiamento climatico. In questo quadro, dunque, la sopravvivenza di queste piante si conferma essenziale, soprattutto a fronte dei servizi che esse offrono. Come, notoriamente, il sequestro di carbonio, la conservazione della biodiversità e il contrasto all’erosione.

Secondo le stime dell’organizzazione statunitense One Earth, tra il 1980 e il 2000, il mondo ha perso il 35% circa di questi alberi.

Sebbene la situazione sia successivamente migliorata, il problema non sembra essere stato risolto.  L’ultimo rapporto della Ong Global Mangrove Alliance, in particolare, rileva come nei primi due decenni del XXI secolo, il Pianeta abbia registrato una perdita netta (il saldo tra perdita e ricrescita) di oltre 2.800 km2 di foreste di mangrovie. Tra i principali fattori coinvolti, la conversione delle aree per l’acquacoltura, la produzione di olio di palma e la coltivazione di riso.