In Nuova Zelanda si sperimenta una soluzione contro l’inquinamento da sostanze a base di fluoro. La tecnica ha consentito di degradare le sostanze alchiliche perfluorurate e polifluorurate (PFAS) a livello molecolare con un’efficacia del 99,9%
di Matteo Cavallito
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Un gruppo di ricercatori ha testato con successo un sistema per la rimozione di prodotti inquinanti a base di fluoro, le cosiddette PFAS o sostanze alchiliche perfluorurate e polifluorurate. Lo segnala un articolo diffuso dall’Università di Auckland, in Nuova Zelanda. I risultati ottenuti assumono un’importanza notevole a fronte della pericolosità di questi composti contenuti in diversi prodotti – tra cui la schiuma degli estintori – che sono molto difficili da smaltire.
L’operazione, precisa lo studio pubblicato sulla rivista Environmental Science Advances, è stata realizzata nei laboratori dell’ateneo della capitale. E, si legge nell’articolo, “ha distrutto dal 99,88 al 100% dei PFAS presenti nella schiuma degli estintori e nel suolo di un sito di addestramento antincendio dismesso della Forza di Difesa neozelandese”.
Il procedimento
I ricercatori si sono affidati a un procedimento noto come “macinazione a sfere“, un sistema che ricorda da vicino la tipica tecnica di frantumazione basata su mortaio e pestello e utilizzata in cucina. In questo caso, però, l’operazione è svolta da un macchinario in grado di far muovere le sfere a velocità particolarmente elevata al punto da degradare i PFAS a livello molecolare.
L’iniziativa, che ha visto gli scienziati dell’ateneo neozelandese collaborare con l’Agenzia statunitense per la protezione ambientale (U.S. Environmental Protection Agency) si fonda su una sperimentazione pluriennale.
“Gli esperimenti di laboratorio condotti dal 2018 al 2023 presso l’Università prevedevano in genere la collisione di 10-30 piccole sfere metalliche per distruggere i PFAS nel suolo, nella schiuma antincendio e in mezzi come il carbone attivo, utilizzato per rimuovere le medesime sostanze dall’acqua”, prosegue l’articolo. “Il processo lasciava una polvere inerte adatta a diventare un additivo per la frantumazione o comunque un rifiuto non pericoloso”.
Le insidie dei composti al fluoro
Definiti non a caso forever chemicals per via della loro persistenza nei terreni, i PFAS sono sostanze sono altamente stabili che, notava già in passato la rivista Scientific American, compaiono nei prodotti progettati per resistere al grasso e all’acqua e non sono facilmente biodegradabili.
Questi composti si trovano tipicamente nei pesticidi fluorurati – quelli che contengono uno o più atomi di fluoro nella loro struttura molecolare – considerati particolarmente efficaci nel contrasto ai parassiti delle piante.
A favorire la loro azione antiparassitaria è proprio la riconosciuta stabilità chimica che ne favorisce l’azione prolungata limitandone però i margini di smaltimento. Si stima che l’emivita di alcuni fluorurati – ovvero il tempo necessario per il dimezzamento della loro presenza nell’ambiente dopo l’irrorazione – possa raggiungere i 2 anni e mezzo.
Problema globale
Nel 2022 una ricerca dell’Università di Stoccolma ha rilevato che la presenza di PFAS nell’acqua piovana su scala globale eccede i limiti di sicurezza fissati da diverse autorità nazionali e sovranazionali. Come quelle di Stati Uniti, Danimarca, Paesi Bassi e Unione Europea. E che “la deposizione atmosferica porta anche a una contaminazione diffusa ovunque nei suoli globali”.
Non fa eccezione la Nuova Zelanda dove la contaminazione da PFAS è presente nelle basi aeree militari e negli aeroporti civili, rileva l’Università di Auckland.
“Oltre ai siti contaminati da PFAS noti, è probabile che ve ne siano molti altri sconosciuti che devono ancora essere identificati attraverso indagini specifiche da parte di enti governativi e privati”, ha dichiarato Kapish Gobindlal, ricercatore dell’Università di Auckland e dell’azienda Environmental Decontamination Limited nonché co-autore dello studio. “Quanto scoperto finora rappresenta solo la punta dell’iceberg”.