Le specie invasive di lombrichi agiscono sulla composizione microbica modificando le condizioni generali del suolo, spiega una ricerca canadese. Influenzando il ciclo dei nutrienti e del carbonio
di Matteo Cavallito
La presenza sempre più invasiva dei lombrichi sta cambiando la composizione del suolo nelle foreste boreali del Canada. Lo rivela uno studio dell’Università dell’Alberta. L’indagine, una delle prime a evidenziare il legame tra la specie e la comunità microbica dipinge un quadro particolarmente interessante. Il cambiamento in atto, infatti, potrebbe incidere sui servizi ecosistemici svolti dal terreno.
Funghi e batteri del suolo, in particolare, sono i principali fattori che influiscono sulla gestione del ciclo del carbonio e dei nutrienti da parte delle piante. “Con la crescente invasione di questi sistemi boreali da parte dei lombrichi, i cambiamenti nelle comunità microbiche del suolo possono avere un impatto ampio sulle foreste”, ha affermato Justine Lejoly, ricercatrice e autrice della ricerca, in una nota diffusa dall’ateneo canadese.
Lo studio
“Mentre la maggior parte delle ricerche sull’argomento è stata condotta nelle foreste temperate settentrionali”, si legge nello studio, “poco si sa dell’impatto dei lombrichi invasivi sulle comunità microbiche del suolo nelle foreste emiboreali e boreali, caratterizzate da un decadimento più lento della materia organica”. L’influenza esercitata sulla composizione della popolazione dei microorganismi deriva dalla capacità dei lombrichi di influenzare la struttura, il pH e la disponibilità dei nutrienti e della materia organica nel suolo.
Gli autori hanno analizzato campioni di suolo provenienti da diversi siti forestali in Alberta e Quebec. Confrontando le aree caratterizzate dalla presenza di lombrichi invasivi e quelle che ne erano prive.
In sintesi: “Negli strati minerali del suolo, l’invasione dei lombrichi è stata associata a una maggiore biomassa fungina e a una presenza relativa più elevata di funghi ectomicorrizici”. Contemporaneamente, “i batteri oligotrofi erano meno numerosi nei suoli minerali invasi (…) al contrario di quanto osservato per i batteroidi copiotrofi”. Infine, “i terreni minerali invasi dai lombrichi ospitavano una maggiore diversità e ricchezza di specie fungine e batteriche”.
Una spinta per la diversità
Lo studio, quindi, ha dimostrato come i lombrichi siano stati in grado di influenzare la presenza dei microbi nel primo strato del suolo minerale, ovvero al di sotto della fascia di suolo forestale ricco di sostanze organiche. Il che, secondo la ricercatrice, apparirebbe sorprendente. Studi precedenti, nota infatti la ricerca, avevano evidenziato per contro come i lombrichi contribuissero a ridurre la diversità delle piante.
L’incremento della presenza di funghi in grado di vivere in simbiosi con gli alberi evidenziata dallo studio potrebbe avere effetti positivi. “In teoria, una più ampia diversità corrisponde alla presenza di un maggior numero di tipi di batteri e funghi, potenzialmente in grado di resistere meglio alle perturbazioni e di mantenere le funzioni del suolo in scenari differenti”, sottolinea infatti Lejoly. Ma non è tutto.
Attenzione al carbonio
L’indagine ha evidenziato infatti anche un aspetto potenzialmente problematico: la presenza dei lombrichi, precisa ancora la ricerca, favorirebbe la diffusione di batteri caratterizzati da un forte ritmo di crescita. Questo aspetto si tradurrebbe in una possibile accelerazione del ciclo dei nutrienti con conseguente rilascio di carbonio nell’atmosfera.
Tale meccanismo sembra confermare i risultati di un precedente studio secondo il quale l’attività dei lombrichi potrebbe ridurre anche del 94% la quantità di carbonio immagazzinata nel suolo della foresta. Inoltre, il potenziale aumento di nutrienti causato dall’attività dei lombrichi potrebbe modificare la composizione delle specie vegetali delle foreste boreali. Facilitando la crescita di piante invasive e l’aumento della copertura erbosa.