30 Settembre 2021
Una delle inondazioni che sempre più spesso colpiscono la città tedesca di Coblenza. FOTO: Stuart Tiffen via Flickr.

I cambiamenti climatici legati all’attività umana stanno aumentando intensità e frequenza delle alluvioni. E il fenomeno è destinato a crescere. I dati sono contenuti in uno studio della World Weather Attribution, svolto dopo le piogge torrenziali che hanno colpito a luglio Germania e Belgio

di Emanuele Isonio

 

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Nella storia della Germania, le inondazioni che hanno colpito la Renania-Palatinato e il Nord Reno-Vestfalia saranno ricordate almeno per due motivi: hanno probabilmente contribuito alla sconfitta elettorale del candidato cancelliere CDU Armin Laschet, sorpreso a ridere e scherzare a Erfstadt mentre la città era sommersa dalle acque. Ma soprattutto passeranno agli annali come le peggiori che il paese teutonico ha dovuto affrontare dal 1962: 184 morti (cui se ne aggiungono una quarantina nel confinante Belgio), 200mila abitazioni senza elettricità, centinaia di milioni di euro di danni e 600 chilometri di linee ferroviarie interrotte o danneggiate.

Un evento, causato dal sistema di bassa pressione “Bernd”, ma non solo: “al momento dell’evento, i suoli erano già saturi. Alcuni tratti di valle sono molto stretti con pendii ripidi e questo ha prodotto un effetto-imbuto. L’impatto delle pioggie è stato poi modificato dalle differenze nella copertura del suolo, nelle infrastrutture e nella gestione delle acque che hanno aumentato la devastazione delle inondazioni estreme”. L’analisi è della World weather attribution (Wwa), organizzazione internazionale che riunisce scienziati e climatologi di diversi istituti europei per analizzare e comunicare la possibile influenza dei cambiamenti climatici sugli eventi meteorologici estremi.

Le regioni analizzate all'interno dello studio della World Weather Attribution sulle inondazioni. L'area del bacino idrografico della Mosa è evidenziata in rosso, il bacino combinato di Ahr ed Erft è segnato in nero. Nei riquadri blu, i territori considerati dalle analisi. FONTE: © OpenStreetMap-Mitwirkende.

Le regioni analizzate all’interno dello studio della World Weather Attribution sulle inondazioni. L’area del bacino idrografico della Mosa è evidenziata in rosso, il bacino combinato di Ahr ed Erft è segnato in nero. Nei riquadri blu, i territori considerati dalle analisi.
FONTE: © OpenStreetMap-Mitwirkende.

I risultati delle analisi WWA

Alle inondazioni di metà luglio, la WWA ha tra l’altro dedicato un dettagliato studio, sul modo in cui il cambiamento climatico indotto dall’uomo abbia influito sulle precipitazioni di 1-2 giorni nella stagione estiva, nell’area compresa tra Germania, Belgio, Lussemburgo e Paesi Bassi.

“Abbiamo scoperto che nel clima attuale, per una data località all’interno di questa regione, possiamo aspettarci in media un evento del genere ogni 400 anni” spiegano gli autori dello studio, cui hanno collaborato scienziati di sei Stati Ue, Svizzera e Stati Uniti. “Il cambiamento climatico ha aumentato l’intensità dell’evento massimo di precipitazioni di 1 giorno nella stagione estiva in questa vasta regione di circa il 3 – 19% rispetto a un clima globale di 1,2 °C più fresco di quello odierno. L’aumento è simile per l’evento di 2 giorni. La probabilità che un tale episodio estremo si verifichi oggi è aumentata di un fattore compreso tra 1,2 e 9”.

Le mappe evidenziano le precipitazioni avvenute fra 13 e 14 luglio scorso in Germania occidentale, Lussemburgo Belgio e Paesi Bassi. FONTE: Deutscher Wetterdienst

In un mondo la cui temperatura continua a crescere, ovviamente la frequenza anche è destinata ad aumentare ulteriormente. Quanto? Anche questo è calcolato nello studio: “in un clima più caldo di 2 °C rispetto all’epoca preindustriale i modelli suggeriscono che l’intensità di un evento di un giorno aumenterebbe di un ulteriore 0,8-6% e la probabilità di 1,2-1,4 volte. L’aumento è di nuovo simile per l’evento di 2 giorni”.

Missione adattamento

Il futuro è quindi tracciato, con tutte le conseguenze del caso sulla vita delle persone e sulle attività produttive, a partire ovviamente da quelle agricole. Ridurre le emissioni climalteranti e tentare di mantenere l’aumento delle temperature il più possibile inferiore ai 2°C è essenziale. Ma nel frattempo, serve anche intervenire per ridurre vulnerabilità ed esposizione dei territori a questi eventi estremi. Dalla capacità di adattamento dipende infatti la possibilità di limitare, per quanto possibile, l’aumento dei danni economici.

La Corte dei conti europea ha ad esempio calcolato che i costi prodotti dagli eventi idrologici verificatisi nell’UE sono ammontati, dal 1980 al 2017, a circa 166 miliardi di euro. Una cifra pari a circa un terzo delle perdite derivanti da eventi di natura climatica. In uno scenario immutato, le proiezioni indicano che i danni provocati in Europa dalle alluvioni, per l’effetto combinato dei cambiamenti climatici ed economici, aumenteranno dai 7 miliardi di euro all’anno nel periodo esaminato (1981 al 2010) a 20 miliardi di euro all’anno negli anni 2020. Saliranno ancora a 46 miliardi di euro all’anno nel decennio 2050 e a 98 miliardi di euro all’anno nel decennio 2080. Somme che rendono risibili i 2,8 miliardi di euro annui che secondo il Centro Comune di Ricerca Ue gli Stati membri dovrebbero investire da qui a fine secolo per fronteggiare il rischio inondazioni.