Nell’ultimo quindicennio, gli incendi – dolosi o colposi – hanno coinvolto il 14% delle aree protette italiane. Ad essi si aggiungono gli oltre 2mila avvenuti nei 2310 siti Natura 2000. La punta di un iceberg fotografata dal nuovo report “Italia in fumo” di Legambiente. Un pericolo sottovalutato, che minaccia importanti servizi ecosistemici e richiede di rafforzare gli strumenti di contrasto
di Emanuele Isonio
Siccità e criminalità organizzata, ondate anomale di caldo e incuria del territorio. I fattori alla base dell’emergenza incendi non sono certo nuovi. Un mix di cause umane e fenomeni naturali, resi sempre più estremi dall’avanzare della crisi climatica. C’è però un dato “nuovo” (o quantomeno passato troppo spesso sotto silenzio) che salta agli occhi leggendo il nuovo rapporto “Italia in fumo” realizzato da Legambiente sulla base dei dati satellitari dello European Forest Fire Information System (EFFIS) . Il fenomeno dei roghi ha colpito anche le porzioni di territorio più soggette a controlli e vincoli naturalistici.
Natura 2000: quasi un rogo a sito
Esemplare è il caso dei Siti Natura 2000: in Italia se ne contano 2310. Negli ultimi 14 anni sono stati oggetto di almeno 2078 incendi. In media, poco meno di un rogo a testa. La superficie totale andata in fumo è di circa 250mila ettari. Un dato sicuramente calcolato per difetto perché nei conteggi non vengono inserite le superfici inferiori a 30 ettari.
I dati delle aree protette sono ugualmente preoccupanti: nello stesso arco temporale, la superficie bruciata è stata di oltre 107mila ettari, a causa di 950 incendi. Su 871 aree protette, 118 hanno avuto almeno un episodio sul proprio territorio.
Le responsabilità sono quasi sempre umane. E dietro di esse, si celano interessi criminali ben precisi, che evidenziano come su queste aree di grande pregio qualcosa non ha funzionato quanto ad azioni di prevenzione e contrasto.
In Sicilia la metà degli incendi in aree protette
La conferma in tal senso arriva dalla distribuzione territoriale degli incendi sulle aree naturali sottoposte a tutela. A bruciare non è infatti l’intero patrimonio naturale mappato in Italia ma una serie di siti ben precisi. Per quanto riguarda i siti Natura 2000, il 51% dei casi è avvenuto in Sicilia. Aggiungendo ad essa, anche i casi avvenuti in Sardegna e Campania si sale al 73% del totale. E al 93% aggiungendo Calabria, Lazio e Puglia.
Stesso discorso per le aree protette: il 40% degli incendi si concentra in 38 diverse zone della Sicilia. Si sale al 78% aggiungendo 22 aree protette di Calabria e Campania e si supera il 97% del totale includendo pure Puglia, Lazio, Abruzzo e Piemonte.

FONTE: L’Italia in fumo. Rapporto 2022 Legambiente.
“Occorre un radicale cambiamento di approccio e risposta al fenomeno degli incendi – spiega Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – che miri a prevenire i roghi attraverso la gestione del territorio, l’utilizzo ecologicamente sostenibile delle risorse agro-silvo-pastorali, la promozione dei servizi ecosistemici che vanno remunerati, per sostenere e rivitalizzare le comunità rurali nelle aree interne e montane in una rinnovata funzione di presidio territoriale”.
In 14 anni persa un’area grande come l’Umbria
D’altro canto, i numeri relativi alle aree protette e ai Siti Natura 2000 sono solo la punta dell’iceberg. Lo stesso report ricorda che nel 2021 gli ettari, di superfici boscate e non, devastati dalle fiamme sono stati poco meno di 160mila (+154,8% rispetto all’anno precedente). Ad essi si aggiungono i 26.270 bruciati nei primi 6 mesi del 2022. L’anno scorso, i reati tra incendi dolosi, colposi e generici, sono cresciuti del 27% rispetto al 2020 (5.385). In crescita di quasi il 20% le persone denunciate (658) anche se continuano ad essere sottodimensionate rispetto ai reati. Stesso dicasi per i sequestri (107), anche se in aumento del 35% sul 2020.

FONTE: L’Italia in fumo. Rapporto 2022 Legambiente.
A confermare le grandi difficoltà che ancora si incontrano nell’individuazione dei responsabili dei roghi, il dato relativo agli arresti: appena 16. A preoccupare è anche il dato complessivo degli ultimi 14 anni, frutto dell’elaborazione di Legambiente dei dati EFFIS dal 2008 al 2021. Parliamo di una superficie complessiva di territorio incenerito, a causa di ben 5.298 incendi, di oltre 723.924 ettari, un’area grande quasi quanto l’intera regione Umbria che ha interessato il territorio di almeno 1.296 Comuni, corrispondenti al 16,39% dei comuni italiani, distribuiti in 19 tra Regioni e Province autonome. In questi Comuni più di qualcosa non ha funzionato nelle azioni di prevenzione e lotta attiva agli incendi.
Un’app per segnalare le aree incendiate
Per dare a tutti la possibilità di visualizzare le aree percorse dal fuoco superiori ai 30 ettari, anche quando ci si trova sul campo, Legambiente ha caricato tutti i dati satellitari EFFIS sull’App Gaia Observer, tra i servizi gratuiti che l’associazione offre ai cittadini, e aggiunta la funzione “segnala area”. Questa funzione consente a chiunque, appena entri in una delle aree percorse dal fuoco (quelle mappate a scala europea) di essere avvisato, tramite un bip, dall’App. Così, anche quando il passare degli anni rende meno visibili i segni esteriori dell’incendio, si potrà con assoluta certezza sapere di trovarsi all’interno di un’area già percorsa dal fuoco almeno una volta negli ultimi quattordici anni.
“In questa partita servono investimenti veri, ricerca, strumenti e tecnologie, semplificazione di procedure e competenze all’interno di una strategia complessiva definita in condivisione con le popolazioni locali ed i portatori di interesse” prosegue Ciafani. “Una necessità impellente anche perché la tendenza che si prospetta nel 2022 e nei prossimi anni è di una crescita del fenomeno degli incendi boschivi a causa della siccità prolungata che si sta verificando nell’Europa meridionale e le condizioni risultanti che hanno già causato numerosi focolai di incendi prematuri. Un altro segno evidente, insieme allo scioglimento dei ghiacciai alpini, della crisi climatica già in atto”.
Le 10 proposte di Legambiente
Di fronte a questo quadro, Legambiente torna a ribadire l’importanza della prevenzione e del rafforzamento delle attività investigative lanciando 10 proposte. Tra di esse, viene sottolineata l’importanza di una gestione integrata degli incendi attraverso un’attività di coordinamento tra chi si occupa di previsione, prevenzione, informazione, addestramento, lotta, indagine e ricostituzione post-evento oltre a creare politiche di adattamento attraverso Piani forestali di indirizzo territoriale. Grande importanza è data inoltre all’interazione tra politica forestale ed agricola oltre al “pascolo prescritto” di specie domestiche (bovini, ovini, caprini), riconosciuto come tecnica per prevenire il propagarsi degli incendi ed evitare che divengano disastrosi una volta innescati.