Lo sfruttamento minerario in Venezuela ha fatto raddoppiare il tasso di deforestazione in cinque anni. Un fenomeno, accusano le Ong, alimentato dai guerriglieri della vicina Colombia con l’assenso del governo di Caracas
di Matteo Cavallito
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Cresce a ritmi impressionanti la deforestazione in Venezuela sotto la spinta dell’estrazione mineraria indiscriminata. Lo ha scritto nei giorni scorsi la rivista New Scientist sottolineando come la perdita di foreste incontaminate aumenti a un ritmo del 170% all’anno. Un fenomeno alimentato in particolare dalla corsa all’oro, un’attività che troverebbe il sostegno del Governo.
“Nessuno percepisce questa distruzione perché sta avvenendo così velocemente che è impossibile misurarla”, ha dichiarato al magazine Alejandro Álvarez Iragorry, coordinatore di Clima21, un’organizzazione venezuelana che si occupa di tutela dell’ambiente e dei diritti umani. “Il danno ambientale e la velocità con cui si manifesta sono disastrosi”. E il suo non è un avvertimento isolato.
Nella zona dell’Orinico gravi conseguenze per l’ambiente e le persone
Ad alimentare la deforestazione in Venezuela è soprattutto lo sfruttamento della zona mineraria dell’Orinoco, nel sud del Paese. Cinque anni fa, ha scritto a dicembre il quotidiano spagnolo El País, il governo del presidente Nicolás Maduro ha autorizzato lo sfruttamento di quest’area che copre circa il 12% del territorio nazionale. La gestione delle attività estrattive sarebbe risultata “totalmente opaca” con gravi conseguenze per l’ambiente e i suoi abitanti.
Nel 2022, prosegue il quotidiano, “i rapporti delle Nazioni Unite hanno lanciato un allarme sull’attività mineraria incontrollata nell’Orinoco meridionale, che è andata oltre il danno ambientale ed è diventata una grave crisi dei diritti umani, con segnalazioni di sfruttamento lavorativo e sessuale, schiavitù e la presenza di bande criminali e persino del gruppo guerrigliero colombiano ELN, coinvolti nello sfruttamento di oro, coltan, diamanti e bauxite in questa vasta regione con il consenso delle autorità venezuelane”.
La minería está generando una gran deforestación en la parte sur de Venezuela, afectando las cuencas de los ríos Paragua y Caroní que son los principales afluentes de agua que alimentan al Gurí en donde se produce 70% de la electricidad #DíaMundialContraLaMineríaACieloAbierto
— FundaREDES (@FundaREDES_) July 22, 2021
Le Ong accusano il governo
La complicità del governo nello sviluppo del fenomeno è stata denunciata tra gli altri dalla Ong locale Fundaredes. In un recente rapporto, ripreso dall’organizzazione americana Mongabay, gli autori hanno segnalato la crescita della deforestazione accompagnata dall’incremento delle attività illegali dei guerriglieri colombiani. L’assenso del governo, denuncia Fundaredes, nascerebbe dalla necessità di compensare il tracollo delle entrate dell’industria petrolifera nazionale, da tempo in crisi a causa delle sanzioni statunitensi subite negli ultimi anni e della cattiva gestione.
“Il cosiddetto Arco Minerario dell’Orinoco è stato sottoposto a processi di estrazione di vari minerali sfruttati su larga scala e senza controllo”, si legge nel rapporto. Si tratta di “un’azione strategica dello Stato per cercare di coprire il deficit di entrate derivante dalla crisi petrolifera, dallo smantellamento delle industrie di base e dalle errate politiche economiche”.
Fundaredes ha anche denunciato la costruzione di piste illegali, utilizzate per il decollo e l’atterraggio di aerei coinvolti in operazioni di traffico di droga e contrabbando di minerali. Un fenomeno che riguarda peraltro anche altri Paesi del continente latinoamericano.
Il ritmo di deforestazione in Venezuela è raddoppiato in 5 anni
Secondo Global Forest Watch, un progetto dell’organizzazione no profit World Resources Institute di Washington, dal 2001 al 2021 il Venezuela ha perso 2,29 milioni di ettari di copertura arborea, pari al 4,1% del totale. Questo calo ha prodotto circa 1 miliardo di tonnellate di emissioni aggiuntive di CO2. Nello stesso periodo sono scomparsi oltre 550mila ettari di foresta pluviale primaria con un calo dell’1,4% rispetto all’inizio del secolo.
Secondo le stime della Sociedad Venezolana de Ecología, ripresa ancora da Mongabay, dal 2016, quando Maduro ha decretato l’avvio delle operazioni minerarie nell’Orinoco e il governo colombiano e i guerriglieri hanno firmato il loro accordo di pace, il tasso medio di deforestazione è raddoppiato.
“Questi due eventi politici”, scrive Mongabay, “sembrano anche aver cambiato drasticamente la distribuzione della deforestazione, spostandola dalle aree urbane settentrionali del Venezuela e dalla bioregione delle pianure molto più a sud oltre il fiume Orinoco”. Tra il 2000 e il 2015 la perdita annuale media è stata di 43.267 ettari. Dal 2016 al 2020 la distruzione delle aree boschive è cresciuta del 107% superando gli 89mila ettari all’anno.