A febbraio l’Amazzonia ha perso oltre 300 km2 di foresta. Il nuovo governo brasiliano ha promesso una svolta dopo i disastri della presidenza Bolsonaro. Tra il 2004 e il 2012 i risultati migliori
di Matteo Cavallito
Listen to “Amazzonia, un mese da dimenticare. Per Lula inizia la sfida più difficile” on Spreaker.
L’Amazzonia brasiliana è di nuovo sotto attacco. A febbraio la foresta ha registrato un disboscamento complessivo di 322 chilometri quadrati, più 62% rispetto al medesimo periodo dello scorso anno, il dato mensile più alto mai registrato. La perdita evidenzia “l’entità della sfida che l’amministrazione di Luiz Inácio Lula da Silva deve affrontare, nel tentativo di rimediare alla distruzione ambientale operata dall’ex presidente di destra radicale Jair Bolsonaro”, scrive il Guardian.
Il riferimento corre alla nuova agenda governativa e all’impegno annunciato dal capo dello Stato. “Lula, che si è insediato il 1° gennaio di quest’anno”, prosegue il quotidiano, “si è impegnato a porre fine al disboscamento illegale dopo che la deforestazione ha toccato i livelli massimi degli ultimi 15 anni”. Un’impresa non facile.
Un 2022 da dimenticare
Il 2022 è stato l’annus horribilis dell’Amazzonia. Nello spazio di 12 mesi, ha segnalato un rapporto della Ong brasiliana Imazon, il territorio ha perso l’equivalente di quasi 3.000 campi da calcio al giorno. Tra gennaio e dicembre 2022, a conti fatti, la distruzione ha interessato 10.573 chilometri quadrati portando il totale dell’ultimo quadriennio oltre quota 35.000.
“C’è stata una corsa sfrenata alla deforestazione dopo che la precedente amministrazione aveva aperto la porta all’allevamento del bestiame, alla speculazione fondiaria, all’estrazione mineraria illegale e alla deforestazione nelle terre indigene e nelle unità di conservazione”, ha spiegato Carlos Souza Jr, coordinatore di Imazon. “Questo dimostra la dimensione della sfida del nuovo governo”.
Il dato registrato nell’ultimo mese, in linea con il trend degli ultimi anni, rappresenta una doccia fredda per gli osservatori dopo che nel mese di gennaio il fenomeno della deforestazione era sembrato andare incontro a un’inversione di rotta, facendo registrare un calo del 61% su base annuale.
Com isso, o desmatamento acumulado nos últimos quatro anos, entre 2019 e 2022, chegou aos 35.193 km². Isso supera o tamanho de Sergipe e de Alagoas, que têm 21 e 27 mil km². Além de ser uma alta de quase 150% em relação ao quadriênio anterior, quando foram devastados 14.424 km². pic.twitter.com/TpEVmXbBbI
— Imazon (@Imazon) January 18, 2023
Occhi puntati sul Fondo per l’Amazzonia
A gennaio, ha riferito la Reuters, il Governo Lula ha lanciato i primi raid anti-deforestazione negli Stati di Pará, Roraima e Acre. Le operazioni si affiancano a un’iniziativa ancora più importante: la riattivazione del Fondo governativo destinato a finanziare la protezione dell’Amazzonia. L’operazione nasce dalla decisione della Corte Suprema che alla fine dello scorso anno ha annullato il discusso provvedimento promosso dell’ex presidente Bolsonaro che nel 2019 aveva bloccato il fondo stesso contestandone il presunto uso improprio.
Il Fondo per l’Amazzonia è considerato un’iniziativa pionieristica, ha scritto il quotidiano brasiliano O Globo, capace di finanziare più di 100 progetti a cura di enti pubblici e organizzazioni non governative per un controvalore di oltre un miliardo di reais (quasi 200 milioni di dollari).
Secondo un rapporto di audit redatto dall’Ufficio del Controllore Generale dell’Unione (CGU), l’equivalente della nostra Corte dei Conti, a dicembre 2021 il Fondo disponeva di circa 3,2 miliardi di reais (oltre 600 milioni di dollari) di fondi inutilizzati che si aggiungono a 20 miliardi di dollari di crediti in essere.

Durante la presidenza Bolsonaro la deforestazione dell’Amazzonia è aumentata sensibilmente. Le stime ipotizzano un calo del fenomeno da qui alla fine del decennio. Immagine: Carbon Brief Attribution-NonCommercial-NoDerivatives 4.0 International
La speranza: ripristinare il trend 2004-12
In generale, la vittoria di Lula alle elezioni di ottobre ha riacceso le speranze degli ambientalisti, fiduciosi dopo le promesse fatte dal neo presidente. Alla vigilia del voto, un’indagine diffusa da Carbon Brief ha stimato che il successo del candidato progressista avrebbe permesso di evitare la distruzione di quasi 76mila chilometri quadrati di Amazzonia da qui alla fine del decennio.
L’ipotesi, ovvero la speranza, è che il governo possa ripetere quanto fatto nel corso dei due precedenti mandati dell’attuale presidente quando l’abbattimento degli alberi aveva registrato una diminuzione dell’84%. Tendenza, peraltro, invertitasi successivamente già nel corso della presidenza di Dilma Rousseff, due volte ministra (delle miniere, dell’energia e dell’azione del governo) negli esecutivi Lula.
L’attuale scenario, in ogni caso, appare complesso. Come ha rilevato di recente l’Australian Institute of International Affairs, fattori come la pressione della lobby agroindustriale, la forza delle organizzazioni criminali, l’indebolimento delle istituzioni di controllo sperimentato durante la presidenza Bolsonaro e la crisi economica, “rappresentano una grande sfida” all’agenda ambientale del presidente nei prossimi, cruciali, quattro anni.