Rigenerazione, tecnologia e impegno sociale: il modello vincente di Terzeria
Nei territori minacciati dal degrado del terreno, l’azienda agricola si impegna nella coltivazione biologica e nella rigenerazione. Scommettendo su una gestione attenta e tecnologicamente avanzata della sostanza organica e della risorsa idrica
di Matteo Cavallito
Azienda agricola e zootecnica ma anche “società di gestione di un bene di comunità”, luogo di accoglienza di alto valore sociale oltre che punto di riferimento per studenti e ricercatori e, infine, baluardo contro il degrado del suolo. È difficile, a oggi, inquadrare in una definizione sintetica un’esperienza longeva e originale come quella di Terzeria, impresa – con statuto di società benefit – situata nella Piana di Sibari, in Calabria. Un’azienda impegnata in una produzione biologica diversificata che coinvolge molte colture tra cui il riso che attribuisce all’azienda un significativo primato geografico italiano – quello di estremo limite meridionale – per questo tipo di coltivazione realizzata con la tecnica della sommersione. Una realtà multiforme, insomma, vocata a una missione ambiziosa: il recupero dei terreni e la loro rigenerazione.
Obiettivi: contrastare la salinizzazione e rigenerare il suolo
“La nostra impresa opera in un’area soggetta al rischio di desertificazione e alla salinizzazione dei suoli”, sottolinea il suo presidente Benito Scazziota. “In queste circostanze per mantenere un suolo sano occorre essere molto attenti alle lavorazioni garantendo, quindi, una minore mineralizzazione della sostanza organica e riportando quest’ultima nel terreno”.
A rendere possibile il recupero dei suoli degradati sono, tra le altre, alcune tecniche agronomiche utilizzate da Terzeria, come l’avvicendamento colturale e una lavorazione del terreno fondata sull’attenta gestione della sostanza organica.
Decisivo, in questo senso, l’uso di biochar e di compost prodotto a breve distanza e ottenuto attraverso il recupero e la valorizzazione della frazione organica del residuo solido urbano. L’azienda, insomma, coniuga l’attività produttiva con la tutela ambientale e si impegna a incrementare la biodiversità delle colture e la copertura del terreno operando in armonia con il paesaggio circostante.
Una gestione capillare dell’acqua
A caratterizzare il suo modello agronomico, poi, è un’attenta e minuziosa gestione dell’acqua e delle lavorazioni meccaniche. Terzeria, in particolare, utilizza impianti irrigui a microportata autocompensanti a bassa pressione d’esercizio e ricorre alla tecnica della subirrigazione che consente una distribuzione capillare e una conseguente ottimizzazione delle risorse idriche. L’azienda ha inoltre realizzato una vasca di accumulo dell’acqua da seimila metri cubi e svolge attività di monitoraggio delle falde acquifere della zona. “La gestione della risorsa idrica rappresenta oggi uno dei grandi problemi delle zone a scarsa piovosità”, prosegue Scazziota. Che aggiunge:
“L’irrigazione viene gestita attraverso impianti ad alta tecnologia. Inoltre, impiegando anche la risorsa idrica del Consorzio di Bonifica, evitiamo di stressare la nostra falda di acqua dolce che galleggia su una falda salata”.
Molto più di un’azienda agricola
Fondata nel 1935 su iniziativa di un ente assistenziale locale – la Fondazione Rovitti, Casa della Divina Provvidenza – e passata sotto il controllo della Diocesi attraverso un lascito testamentario, Terzeria è oggi parte della rete delle Lighthouse Farms, le aziende faro individuate da Re Soil Foundation che producono cibo e servizi ecosistemici in modo sostenibile sviluppando nuove soluzioni per l’ambiente e il suolo. Un’appartenenza che offre opportunità di confronto con altre realtà innovative e che si affianca all’impegno sociale e all’attività di sostegno alla ricerca.
Oltre a coltivare circa 250 ettari di frutteti, ortaggi e seminativi e 200 di riso, Terzeria ospita oggi una casa per anziani, accogliendo ragazze madri e offrendo una residenza protetta per donne e bambini. L’azienda, ricorda inoltre il suo presidente, apre le porte a ricercatori, studenti universitari e delle scuole fornendo, con le proprie conoscenze e le informazioni disponibili, un contributo per “una banca dati che ci permetta di conoscere ancora di più il nostro ambiente”.

Re Soil Foundation
Patrick Domke / ETH Zurich, per uso non commerciale
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