Dalle bioplastiche nel compost nessun effetto negativo sul sistema suolo-pianta
Presentati i risultati preliminari di una ricerca dell’università di Bologna. Anche nel caso di una concentrazione doppia rispetto al normale, le bioplastiche riciclate insieme al resto dei rifiuti organici non causano problemi sulla funzionalità microbica del suolo
di Emanuele Isonio
Il compost ottenuto dalla frazione organica dei rifiuti prodotti (FORSU) quotidianamente dalle famiglie è ormai considerato un valido strumento per risolvere due problemi contemporaneamente: gestire la parte più rilevante dei rifiuti domestici (l’umido incide infatti per il 35-40% del totale) e riportare sostanza organica nei terreni agricoli sottoposti a crescente degrado (il recente State of Soils del JRC ha calcolato che il 74% dei suoli presenta squilibri nutrizionali).
Per aumentare quantità e qualità del compost, i prodotti realizzati in bioplastica compostabile si stanno diffondendo come una soluzione utile ed efficace: rendono più agevole la raccolta attraverso i biosacchetti e diminuiscono il rischio di errori nel conferimento quando ad esempio si usano piatti, bicchieri, posate usa e getta. Per di più hanno dimostrato di poter essere compostate all’interno degli impianti industriali con gli stessi tempi e modalità del resto dei rifiuti umidi. Ma alla fine, il compost che ne viene fuori, è ugualmente efficace per la fertilizzazione dei terreni agricoli? O ci sono aspetti problematici da tenere in considerazione?
Un team del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari dell’Università di Bologna sta portando avanti una ricerca proprio per rispondere a queste domande. L’analisi avrà durata triennale ma, in occasione dell’ultima fiera Ecomondo di Rimini, sono stati presentati i primi risultati parziali. “L’aspetto più interessante del nostro studio è dato dal fatto che abbiamo lavorato su situazioni reali, utilizzando manufatti in bioplastica compostabile veri e propri, come avviene nell’uso domestico e abbiamo trasformato la Forsu in compost all’interno di un vero impianto di compostaggio” spiega Claudio Marzadori, docente di Chimica Agraria all’ateneo emiliano. “Per poter analizzare l’effetto delle bioplastiche nel compost abbiamo studiato tre campioni: uno nel quale le bioplastiche compostabili erano assenti, uno nel quale erano presenti in concentrazione dell’1,4%, che è simile alla situazione reale e uno nel quale la concentrazione era del 2,84%, quindi doppia rispetto al tasso nazionale”.

I diversi tipi di compost analizzati dalla ricerca dell’università di Bologna. Il primo (ACM 0) corrisponde al compost senza alcun contenuto di bioplastiche compostabili al suo interno. ACM1 corrisponde al compost che contiene al suo interno un contenuto di bioplastiche compostabili pari al tasso medio nazionale attuale. ACM2 contiene invece un tasso doppio di bioplastiche compostabili rispetto alla situazione attuale. FONTE: Effetti sul sistema suolo-pianta di materiali organici compostati in presenza di bioplastiche compostabili, Distal Università Bologna 2024.
Professor Marzadori, che cosa dicono i primi risultati della ricerca?
I risultati definitivi arriveranno tra due anni. Ma qualche dato possiamo già iniziarlo a osservare. Nella ricerca sono stati misurati due indicatori: uno di funzionalità microbica del suolo, la respirazione basale, ed uno quantitativo di carbonio e azoto della biomassa microbica. A un anno dall’avvio della ricerca abbiamo verificato che i tre compost non differiscono in modo sostanziale tra di loro. In nessun caso c’è una differenza significativa nella loro caratterizzazione chimico-fisica, né negli effetti del loro contributo alla fertilità dei suoli.
Inoltre, l’aggiunta di bioplastiche ai compost non causa effetti tossici sulle popolazioni microbiche. Stiamo invece osservando che esse stimolano la respirazione basale dei microrganismi del suolo: è un aspetto che merita di essere approfondito, anche attraverso il dosaggio di attività enzimatiche extracellulari che agiscono nel suolo.
Perché una ricerca sulle bioplastiche in agricoltura?
Dal punto di vista ecologico, l’uso dei bioprodotti e il loro riciclo nel suolo è fondamentale: è esattamente ciò che dovrebbe avvenire, perché assicura la chiusura del ciclo degli elementi nel suolo anziché in acqua o nell’atmosfera. In questo modo si riduce l’impatto ambientale, si favorisce il mantenimento della fertilità dei suoli e si riduce l’uso di fertilizzanti chimici. Tutte le nostre ricerche puntano a verificare che questi bioprodotti siano effettivamente riciclabili nel suolo. E’ una questione di sicurezza ambientale e sanitaria: è giusto essere sempre vigili.
I bioprodotti sono effettivamente vantaggiosi quindi per risolvere alcuni dei problemi in ambito agricolo?
Lo sono in maniera sostanziale. L’uso delle plastiche in agricoltura ha portato grandi vantaggi ma i polimeri tradizionali hanno causato anche enormi problemi ambientali. La transizione verso le bioplastiche compostabili ci permette di rendere maggiormente sostenibili queste applicazioni: le possiamo inserire immediatamente nel sistema suolo creando un substrato carbonioso di cui i terreni agricoli hanno grande necessità, soprattutto in Italia.
Ritiene che le virtù del compostaggio siano quindi ancora sottovalutate?
Il tema del compostaggio è cruciale per mantenere la fertilità dei suoli. E ciò assume un valore particolare nel nostro Paese e più in generale dell’area mediterranea. I nostri suoli sono infatti molto più poveri di carbonio organico. C’è quindi la necessità impellente di portare sostanza organica di qualità nei terreni. Il compostaggio diventa quindi la soluzione strategica.
Immagino che ciò renda cruciale il tema della qualità del compost che andiamo a utilizzare…
Assolutamente sì. Già oggi i compost utilizzati non sono nemmeno paragonabili con quelli degli anni e decenni scorsi. Il loro livello qualitativo è nettamente migliorato ma dobbiamo lavorare per avere prodotti sempre migliori. In questo senso è essenziale che anche la “materia prima” per ottenere il compost sia di qualità. Così potremo anche differenziare i vari tipi di compost in base alle loro caratteristiche e rispondere quindi alle esigenze dei diversi tipi di suoli.
Al momento, rispetto ad altri tipi di trattamento dei rifiuti, gli incentivi in favore del compostaggio sono molto più limitati. Pensa che sia utile ripensare questo sistema, per stimolare il ciclo del compost e, di conseguenza, la diffusione dei bioprodotti che aumentano qualità e quantità della materia compostabile?
Il tema degli incentivi è molto interessante. Ma attenzione: se vengono usati solo per aggiustare il bilancio e continuare a operare come si fa attualmente non servono a nulla. Per farli funzionare davvero bisogna collegarli con obiettivi chiari. Ad esempio è doveroso richiedere ai produttori di reinvestirli nella propria attività e stimolare ricerche per avere tecnologie in grado di fornire prodotti innovativi e di qualità sempre migliori. Questo sì che garantirebbe benefici per tutti. A partire dal sistema suolo.

FOTO: Greta Hoffman - Pexels.
Patrick Domke / ETH Zurich, per uso non commerciale
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