4 Novembre 2024

Carbon farming, “sul biochar l’Italia è pronta a fare da apripista”

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Alla vigilia degli Stati Generali del suolo 2024 uno sguardo sul carbon farming in Italia e in Europa. Intervista a David Chiaramonti (PoliTo): “Con la produzione di biometano e biochar da FORSU pronti ad attuare per la prima volta le nuove regole UE sui fertilizzanti”

di Matteo Cavallito

 

“L’iniziativa europea per la regolamentazione della Rimozione del Carbonio e il Carbon Farming (CRFC ) procede speditamente” mentre anche in Italia si registrano importanti passi in avanti “destinati a fare giurisprudenza”. A spiegarlo è David Chiaramonti, professore ordinario di Sistemi Energetici ed Economia dell’energia presso il Politecnico di Torino e presidente del Renewable Energy COnsortium for R&D, facendo il punto sullo scenario che caratterizza a oggi il settore delle pratiche agricole che contribuiscono al sequestro del carbonio, che, secondo le stime, dovrebbero garantire un risparmio complessivo pari a 42 milioni di tonnellate di CO2 nella UE entro il 2030.

Un tema di grande importanza che sarà discusso a breve nel corso della terza edizione degli Stati Generali per la Salute del suolo, in programma a Rimini il prossimo giovedì 7 novembre, in occasione di Ecomondo, la storica manifestazione dedicata alla sostenibilità e all’economia circolare. L’evento è organizzato da Re Soil Foundation insieme al Comitato scientifico di Ecomondo, Coldiretti e il Gruppo Coordinamento Nazionale per la Bioeconomia (GCNB). Previsto, nell’occasione, l’intervento di decine di esperti nazionali e internazionali, tra i quali il professor Chiaramonti, divisi in due sessioni.

Professore, a che punto è il processo di sviluppo del carbon farming su scala europea?

Il percorso intrapreso avanza velocemente: a fine ottobre si è  concluso il 5° meeting degli esperti CRCF a Bruxelles. Le bozze degli atti delegati sulle diverse tipologie di Carbon Dioxide Removals dovrebbero essere disponibili per la discussione nell’Expert Group nella prima metà del 2025 e, dopo la loro revisione, costituiranno la base per la certificazione delle rimozioni nel mercato volontario oltre a fornire raccomandazioni per la revisione dei mercati obbligati dell’Emissions Trading System della UE. Il CRCF, è bene ricordarlo, distingue tra rimozioni permanenti, carbon farming e rimozioni nei materiali.

La bioeconomia e il carbon farming offrono importanti opportunità sulla strada verso la neutralità climatica. Immagine: József Iván, DGAgri, Bioeconomy For Soil Regeneration Webinar, 3 giugno 2021.

La bioeconomia e il carbon farming offrono importanti opportunità sulla strada verso la neutralità climatica. Immagine: József Iván, DGAg ri, Bioeconomy For Soil Regeneration Webinar, 3 giugno 2021.

A luglio la Danimarca ha lanciato il proprio piano di riduzione delle emissioni di gas serra in agricoltura. Questa iniziativa può essere un punto di riferimento per gli altri Paesi?

La Danimarca è senza dubbio il primo Stato membro che ha scelto con determinazione la strada del sequestro di carbonio in agricoltura, in particolare nel settore del biochar. Non è un caso che l’inaugurazione dell’impianto di Stiesdal sia avvenuta proprio in concomitanza con la presentazione della legge in materia, mostrando così un elevato livello di coordinamento tra istituzioni e imprese.

Come si sta muovendo l’Italia?

Il tema non è nuovo nel nostro Paese. Recentemente è stato istituito il Registro Italiano dei Crediti di Carbonio (volontari): a prevederlo, un emendamento alla legge 564 di conversione del decreto-legge per l’attuazione del PNRR e l’attuazione delle politiche di coesione e della PAC. Il nuovo registro pubblico, istituito presso il CREA, riguarderà i crediti di carbonio volontari del settore agroforestale nazionale.

Al biochar si sta guardando da tempo con interesse. Che importanza può assumere questa risorsa nello sviluppo di soluzioni per la mitigazione climatica in agricoltura?

In Italia, le attività di ricerca e dimostrazione sul biochar avvengono ormai da molto tempo, anche grazie al ruolo di raccordo e stimolo esercitato dall’associazione iCHAR e dai suoi membri. Sul fronte della regolamentazione si attende la pubblicazione del progetto di produzione di biometano e biochar da FORSU in Toscana – il progetto I Cipressi, di AER (oggi ALIA) – presentato agli Stati Generali di Ecomondo l’anno scorso e che sta finalmente completando l’iter autorizzativo. Si tratta di un’iniziativa molto importante che farà da apripista a livello nazionale perché riconosce lo stato di End of Waste, ovvero la cessazione della qualifica di rifiuto, al biochar così prodotto da digestato proveniente FORSU. In questo modo si dà attuazione, per la prima volta nel nostro Paese, alla nuova Fertiliser Regulation Europea per quanto concerne questa tipologia di biochar, creando nuove opportunità di mercato per il carbonio nel settore dell’economia circolare.

Che ruolo possono avere i crediti di emissione nel carbon farming?

Saranno sicuramente fondamentali per lo sviluppo del settore. Per l’agricoltura rappresentano anche un cambio di approccio: dal supporto per unità di superficie, tipico delle misure della PAC, a un riconoscimento di valore per unità di prodotto in termini di rimozione di carbonio, cioè per CO2 equivalente. Nel caso del biochar, poi, il processo di implementazione sarà probabilmente più semplice, per la natura stessa del prodotto, ma anche la generazione di crediti tramite altre pratiche agronomiche beneficerà dell’iniziativa europea.

Come dire, chi più rimuove più sarà incentivato a farlo?

Esattamente. Le rimozioni permanenti – e ci attendiamo il biochar cada in questa categoria – potranno poi essere considerate nella revisione dell’Emissions Trading System nel 2026, un passaggio particolarmente importante. I crediti da altre pratiche agronomiche, non permanenti, saranno invece racchiusi in una categoria diversa, relativa a crediti temporanei, su cui si sta lavorando per fornire un quadro più preciso. Indubbiamente, però, la partecipazione a questi programmi richiederà una massa critica sufficiente per affrontare gli iter di certificazione e gestione dei crediti e quindi, probabilmente, un certo livello di aggregazione per gli operatori.