Incendi, le comunità indigene aumentano la protezione delle aree naturali
Una ricerca dell’università di Warwick sui parchi nazionali thailandesi ha evidenziato che coinvolgere le comunità locali aiuta a ridurre incendi boschivi e inquinamento atmosferico
di Emanuele Isonio
Collaborare con le comunità indigene aiuta a migliorare la salute delle foreste, soprattutto grazie alla evidente riduzione degli incendi boschivi e dei livelli di inquinamento atmosferico. La conclusione emerge da una ricerca dell’università inglese di Warwick che si è concentrata sulle condizioni dei parchi nazionali e delle aree protette della Thailandia. Il Paese del Sud-Est asiatico è stato scelto dai ricercatori inglesi perché l’impianto legislativo locale non tiene in considerazione il fatto che le comunità indigene hanno storiche tradizioni di pratiche sostenibili per la protezione del territorio.
Immagini satellitari e studi sul campo
“Le attuali politiche verdi thailandesi – spiega Ivo Vlaev, professore di Scienze comportamentali all’Università di Warwick – escludono le comunità locali dall’uso della foresta e allo stesso tempo impediscono loro di implementare pratiche di gestione ambientale efficaci, come la silvicoltura comunitaria, l’ordinazione degli alberi (rituale buddista simbolico che prevede l’avvolgimento di vesti arancioni per aiutare le persone a considerarle sacre e quindi impedire l’abbattimento e la deforestazione), il monitoraggio degli incendi boschivi e il pascolo degli animali. Tutti metodi che hanno dimostrato di proteggere la copertura forestale”.

Il rito buddista dell’ordinazione degli alberi aiuta aiutare a considerarli sacri e a ridurne l’abbattimento. FOTO: SCB Foundation.
Per sviluppare la sua analisi, il gruppo di ricerca ha preso in considerazione immagini satellitari della Thailandia e studi di casi che hanno riguardato altri Paesi del Sud-est asiatico che dimostrano l’impatto positivo della collaborazione tra decisori politici e comunità indigene.
“A livello globale, le terre dei popoli indigeni coprono oltre il 36% dei paesaggi forestali intatti” aggiunge Vlaev. “Ciò le rende cruciali per mitigare i gravi cambiamenti climatici. La perdita di paesaggi forestali intatti è stata significativamente inferiore nelle terre indigene rispetto ad altre aree”.
Gli insegnamenti della comunità Hmong
Uno dei coautori della ricerca – Marco Haenssgen della Chiang Mai University – ha stretto contatti con la comunità Hmong, nel villaggio di Mae Sa Noi, tra le montagne della Thailandia Settentrionale. Lì, gli abitanti hanno diffuso con successo antichi rituali Hmong che prevedono celebrazioni annuali per una divinità che si ritiene abiti il sacro albero Tong Seng nella foresta.
“Lo scopo di queste celebrazioni – spiega Haenssgen – è rafforzare la protezione della foresta e al contempo mostrare l’impegno della comunità nei confronti dell’ambiente naturale alle autorità locali, che sono anche invitate a questi eventi”.

La comunità del villaggio Mae Sa Noi celebra il capodanno Hmong presso l’albero sacro Tong seng, nella foresta della comunità. FOTO: Nurturing Lives in the Forest documentary, provided with permission.
Il paradosso delle leggi thailandesi
Da ormai mezzo secolo, la comunità Hmong ha sperimentato la competizione per le risorse naturali dopo che lo Stato ha promosso iniziative di sviluppo rurale per diversificare l’agricoltura dalla produzione di oppio negli anni ’60. Successivamente, l’applicazione rigorosa della protezione forestale ha portato ad arresti e multe durante gli anni ’80 e ’90. “Dopo aver affrontato queste condizioni per molti anni, la comunità sta affrontando un’emigrazione diffusa di giovani, la volatilità dei prezzi agricoli e persino sfide legate alla sicurezza alimentare”, continua Haenssgen.
La situazione della comunità Hmong è una testimonianza concreta di come la legge thailandese sia in contrasto con l’orientamento politico globale che invece incentiva i mezzi di sostentamento degli indigeni per preservare le aree naturali. Alcune politiche pensate per prevenire la deforestazione hanno prodotto al contrario l’effetto opposto, causando l’emigrazione delle popolazioni indigene e spingendole a un uso più intensivo del suolo, ad esempio verso la coltivazione continua di colture commerciali, per di più con l’utilizzo di dosi massicce di fertilizzanti chimici nocivi.
I diritti delle popolazioni indigene aiutano le foreste
“I decisori politici devono riconoscere il valore che le comunità forti hanno in ambienti sani e le comunità hanno bisogno di spazio e del diritto di prosperare in modo sostenibile”, commenta Vlaev. “Non si tratta solo di dare alle popolazioni indigene una giusta quota dell’economia. Si tratta di implementare politiche verdi che siano effettivamente efficaci. Diversi Paesi hanno lavorato con successo con le comunità indigene per sviluppare politiche di conservazione inclusive“. Nella ricerca vengono citati i casi virtuosi dell’Indonesia, Nuova Zelanda, Filippine, Norvegia e Malesia: tutti Stati che hanno coinvolto le comunità nel processo decisionale politico, ottenendo così risultati sostenibili nel rispetto dei diritti delle popolazioni indigene.
Tutte lezioni dalle quali la Thailandia può trarre insegnamenti e mutuare esperienze. Secondo gli autori dello studio, sarebbe importante che il Royal Forestry Department creasse zone designate in cui le popolazioni indigene hanno il diritto di gestire e utilizzare le risorse forestali seguendo le loro pratiche tradizionali. “Fornire un quadro giuridico per le comunità indigene per far valere i propri diritti sulle terre e sulle risorse ancestrali può anche contribuire alla gestione sostenibile delle foreste”. Inoltre, il coinvolgimento di tali comunità nella prevenzione degli incendi boschivi, nella raccolta dei rifiuti e in altre attività “accrescerà il loro senso di appartenenza e la motivazione a proteggere e conservare la foresta”.
L’idea di marchi per incentivare i prodotti locali
Altrettanto utile per il rafforzamento delle comunità indigene sarebbe il sostegno alle loro attività economiche. Ad esempio prevedendo un’etichettatura dei prodotti provenienti dalle loro aree e realizzati secondo pratiche sostenibili e rispettose delle culture locali. In questo modo, gli acquisti dei consumatori potrebbero inserirsi in una strategia win win, con impatti positivi a livello ambientale, sociale ed economico.
“Le etichette ‘No-burn’ possono essere utilizzate per indicare che questo agricoltore non ha praticato la combustione dei residui colturali, responsabile dell’inquinamento atmosferico” suggeriscono i ricercatori.

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