19 Agosto 2024

I batteri aiutano a prevedere l’acidità del suolo nelle praterie

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Un nuovo modello cinese basato sull’analisi dei batteri consente di stimare i cambiamenti nelle praterie. Entro il 2100 l’acidità del suolo si ridurrà soprattutto in Asia nord-orientale, Africa e Oceania

di Matteo Cavallito

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L’analisi dei batteri e delle loro risposte a fattori esterni permetterebbe di prevedere le variazioni del pH del suolo delle praterie in seguito ai cambiamenti climatici. Lo sostiene uno studio pubblicato sulla rivista One Earth. A realizzare la ricerca un gruppo di studiosi guidati da Deng Ye, docente del Centro di Ricerca per le Scienze Eco-Ambientali dell’Accademia Cinese delle Scienze.

“Questo studio dimostra che le risposte dei batteri possono servire come bioindicatori delle variazioni del pH del suolo, fornendo preziose indicazioni per future strategie di adattamento al clima“, ha dichiarato Deng in una nota dell’Accademia. “Il modello potrebbe essere esteso ad altri ecosistemi”.

Una correlazione tra batteri e acidità

Il livello di acidità del suolo, ricordano gli autori, è un fattore critico nel sostegno alla crescita e alla continuità della vita di diverse specie terrestri. Nel contesto del cambiamento climatico, tuttavia, è difficile prevederne le variazioni. “Il pH del terreno si mantiene in genere relativamente stabile in risposta a perturbazioni esterne grazie alla sua capacità compensativa (gli ioni in eccesso, ad esempio, possono essere assimilati dai minerali o dai composti organici)”, spiega lo studio.

I batteri e i microbi del suolo in generale “sono altamente correlati con il pH e rispondono rapidamente al riscaldamento climatico, creando un ponte tra i climi e i sistemi del suolo”, proseguono gli autori. “Pertanto, sono buoni bioindicatori di questo fattore”.

I microbioti del terreno, in altre parole, sono sensibili ai cambiamenti climatici e, influenzando l’acidità, sono motori fondamentali dei processi biogeochimici. Tuttavia, ricordano ancora i ricercatori, gli attuali modelli terrestri spesso trascurano le comunità microbiche a causa della loro complessità e dell’elevata diversità.

Indagati oltre 1.200 siti nel mondo

Collaborando con altri 12 gruppi di ricerca di 6 Paesi, gli autori sono riusciti a raccogliere dati sufficienti sul microbiota del suolo delle praterie a livello globale. In seguito hanno potuto elaborare un modello predittivo basato sui batteri e denominato CoBacFM o Core-bacteria-forecast model. In questo modo hanno potuto esaminare il microbiota stesso del suolo in differenti condizioni climatiche – presenti e future – delle praterie globali.

Questi habitat, ricordano i ricercatori, coprono oltre il 40% della superficie globale e rappresentano il più grande ecosistema terrestre.

Prendendo in esame tre diversi scenari futuri, gli autori hanno creato un modello capace di collegare i cambiamenti negli ecosistemi alle variazioni delle condizioni climatiche e alle caratteristiche di funzionamento del suolo tra cui il pH. I ricercatori, in particolare, hanno analizzato i set di dati di sequenziamento di un gene rRNA specifico di 3.703 campioni prelevati in 1.251 siti di praterie di tutto il mondo nelle regioni tropicali, temperate e della tundra.

L’acidità del suolo diminuirà in 2/3 circa delle praterie

In sintesi, entro la fine del secolo “Il modello CoBacFM ha stimato che il pH del suolo aumenterà in una misura compresa tra il 63,8 e il 67% delle praterie, in particolare nell’Asia nord-orientale, in Africa e in Oceania”, segnala lo studio. Contemporaneamente, “una quota compresa tra il 10,1% e il 12,4% di questo tipo di territori, in Nord America centrale, Africa meridionale e Asia orientale, subirà invece una diminuzione del pH del suolo (che diventerà quindi più acido, ndr)”, segnala lo studio.”.

Inoltre, “In un terzo delle regioni il suolo diventerà del 5,6% più alcalino (vale a dire più basico ovvero meno acido, ndr) e l’area caratterizzata da terreni basici si espanderà in tutti gli scenari futuri”.

Questi risultati, infine, hanno trovato ulteriore conferma dagli esiti di 14 esperimenti di simulazione delle condizioni di temperatura nel suolo. “Il nostro modello”, spiegano gli scienziati, “ha previsto la potenziale variabilità del pH di fronte ai cambiamenti climatici e ha individuato quelle regioni sensibili che potrebbero essere prese in considerazione nell’elaborare le decisioni future nell’ambito delle politiche di mitigazione”.