L’erosione del permafrost riduce il sequestro di carbonio negli oceani
Uno studio tedesco evidenzia come l’erosione del permafrost sulle coste dell’Oceano Artico comporti una diminuzione di quasi il 15% della capacità di sequestro della CO2 da parte dell’acqua marina
di Matteo Cavallito
Ascolta “L'erosione del permafrost riduce il sequestro di carbonio negli oceani” su Spreaker.
L’erosione del permafrost artico nelle zone costiere impatta sulla capacità dell’oceano di catturare la CO2 influenzando, in ultima analisi, il clima. È l’ipotesi avanzata da un gruppo di scienziati in uno studio del Cluster of Excellence dell’Università di Amburgo pubblicato sulla rivista Nature Climate Change. A causa della bassa temperatura dell’acqua, ricordano gli autori, l’Oceano Artico assorbe una quantità particolarmente elevata di carbonio rispetto alle sue dimensioni. Per via dei cambiamenti climatici e di altri fattori, tuttavia, tale effetto sarà meno pronunciato in futuro.
“Oltre il 90% dell’assorbimento di CO2 atmosferica da parte degli oceani avviene nelle regioni polari e subpolari”, si legge nella ricerca. “Sulle piattaforme artiche, l’assorbimento di CO2 è stimato in circa 70 milioni di tonnellate all’anno, uno dei valori più elevati per unità di superficie del Pianeta. Tuttavia, la suscettibilità del fenomeno all’erosione del permafrost costiero è incerta, soprattutto con l’avanzare dei cambiamenti climatici”.
L’impatto del clima sul permafrost
Il “permafrost” è quel particolare tipo di suolo perennemente congelato (ma non necessariamente ricoperto di ghiaccio) presente in alcune regioni fredde. L’aumento delle temperature legato al cambiamento climatico, tuttavia, favorisce lo scioglimento di questi terreni in particolare nelle zone costiere. “Quando tratti di costa rimasti congelati per millenni si scongelano e si sgretolano, enormi quantità di suolo e sedimenti vengono rilasciati nell’oceano”, osserva una nota diffusa dall’Università tedesca.
“Il modo in cui queste particelle reagiscono all’acqua marina dipende dalla loro composizione, ma in tutti i casi i loro componenti organici fanno aumentare il contenuto di carbonio nell’acqua, riducendo la capacità di quest’ultima di assorbire CO2 dall’aria”.
Lo studio, spiegano i ricercatori, dimostrerebbe e quantificherebbe per la prima volta l’impatto di questo fenomeno sugli oceani che, a oggi, mitigano i cambiamenti climatici assorbendo circa il 30% dei gas serra di origine antropica dall’atmosfera. La stima di quanto l’erosione del permafrost sulle coste dell’Oceano Artico riduca la capacità di sequestro da parte dell’acqua marina, insomma, dovrebbe essere inclusa nei futuri modelli climatici.

Distribuzione globale del permafrost nell’area dell’Artico. Esso è presente anche sul fondo dell’oceano (qui segnato in verde e azzurro): ciò accade quando il permafrost si è formato durante l’era glaciale per poi essere sommerso dal successivo innalzamento dei mari. FONTE: NUNATARYUK, progetto internazionale di ricerca sul permafrost, finanziato dal programma quadro Horizon Europe 2020.
La capacità di assorbire CO2 può ridursi del 14 per cento
Secondo gli autori, da qui alla fine del secolo il tasso di erosione del permafrost costiero potrebbe raddoppiare o addirittura triplicare. In questo quadro gli autori hanno elaborato alcune simulazioni tenendo conto delle diverse proprietà della materia organica presente nel terreno.
“Abbiamo scoperto che l’erosione costiera riduce l’assorbimento di CO2 dall’atmosfera nell’Oceano Artico in tutte le simulazioni in una misura che può raggiungere i 13,2 milioni di tonnellate all’anno entro il 2100, pari a circa il 14% del totale”, spiegano gli scienziati.
E ancora: “L’erosione del permafrost costiero esercita un effetto di retroazione biogeochimica sul clima, facendo crescere la CO2 rilasciata in atmosfera fino a 2 milioni di tonnellate all’anno per ciascun grado di aumento di temperatura dell’aria superficiale globale” rispetto a quanto ipotizzato in precedenza. Si tratta, per fare un confronto, di un ammontare equivalente a un decimo delle emissioni prodotte ogni anno dal traffico stradale in Europa.
Nuovi modelli climatici
“Il nostro lavoro consentirà di considerare anche l’erosione del permafrost costiero nelle future valutazioni dei cambiamenti climatici“, concludono gli scienziati sottolineando l’importanza di prendere in considerazione questo particolare fattore.
“Dovremmo essere grati ai nostri oceani per la loro capacità di assorbire una quota importante dei gas serra”, spiega David Nielsen, docente dell’Università di Amburgo e co-autore dello studio. “Ma questo servizio ecosistemico potrebbe non essere più così potente come lo è stato in passato. Per stabilire se potremo continuare a contare su questo effetto anche in futuro, dobbiamo prima capire più a fondo i meccanismi di assorbimento della CO2”.

Brandt Meixell, USGS CC0 1.0 Universal CC0 1.0 Deed
Patrick Domke / ETH Zurich, per uso non commerciale
pickpik royalty free
Re Soil Foundation


