10 Settembre 2024

Così le nanoplastiche riducono la capacità di fotosintesi negli alberi

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Uno studio svizzero chiarisce le dinamiche di assorbimento delle nanoplastiche negli alberi. Quantificando al tempo stesso l’impatto del fenomeno sull’efficacia della fotosintesi

di Matteo Cavallito

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L’assorbimento delle nanoplastiche contenute nell’acqua da parte degli alberi influisce negativamente sull’attività di fotosintesi esercitata da questi ultimi. Ma gli effetti complessivi del fenomeno devono ancora essere valutati completamente. Lo suggerisce uno studio svizzero che ha coinvolto ricercatori provenienti dal Politecnico Federale di Zurigo e dall’Istituto federale di ricerca per la foresta, la neve e il paesaggio di Birmensdorf.

L’assorbimento delle nanoplastiche negli alberi

Quello dell’interazione tra i minuscoli frammenti di plastica e gli alberi delle foreste è un tema che è stato approfondito di recente dagli scienziati. La questione è ovviamente di primaria importanza a fronte dei noti effetti inquinanti di questi materiali. “I contaminanti di origine antropica possono causare uno stress significativo alla vegetazione, soprattutto quando vengono assorbiti dalle piante”, si legge nello studio.

“L’inquinamento da plastica potrebbe essere dannoso per il funzionamento degli alberi, causando, ad esempio, stress ossidativo oppure riducendo la fotosintesi”. Non esiste, al momento, una definizione precisa e comunemente accettata di nanoplastiche. Il termine, in ogni caso, fa riferimento a quelle particelle con un diametro di dimensione compresa tra 1.000 e 100 nanometri, ovvero un millesimo e un decimillesimo di millimetro.

La ricerca

“Mentre numerosi studi hanno esplorato la capacità delle piante di assorbire le nanoplastiche, poche ricerche hanno saputo valutare al contempo i danni funzionali dovuti all’assorbimento del particolato”, sottolineano i ricercatori. Per raggiungere questo scopo, spiega una nota, gli autori hanno coltivato 100 piantine di due diverse specie arboree: il ciavardello, un albero famiglia delle Rosacee, presente in alcune foreste di latifoglie, che ha bisogno di molta acqua, e l’abete rosso, tipico dei boschi di conifere, che ne richiede poca.

Le piante, prosegue la ricerca, sono state sottoposte a coltivazione idroponica assorbendo acqua con l’aggiunta di diverse concentrazioni di nanoplastiche la cui presenza è stata successivamente rilevata negli alberi stessi dai ricercatori.

Nello spazio di alcune settimane, gli autori hanno così potuto riscontrare da 1 a 2 milligrammi di nanoplastiche per grammo di materiale vegetale nelle radici. La presenza di questo materiale è risultata da 10 a 100 volte inferiore nei tronchi, nelle foglie e negli aghi. Tra le due specie arboree, sottolinea la nota, Non sono state riscontrate differenze significative, segno che la quantità d’acqua assunta non ha influito sul fenomeno. Questo aspetto suggerisce quindi che le plastiche non penetrino nella pianta attraverso le fessure delle radici ma vengano piuttosto assorbite dalle cellule delle radici stesse per essere quindi trasportate verso l’alto.

L’impatto sulla fotosintesi

La scoperta più rilevante dello studio è relativa però all’impatto sulla fotosintesi. “Il nostro studio dimostra che sia le conifere sempreverdi che le latifoglie decidue sono influenzate negativamente nella loro fotosintesi dall’assorbimento e dal trasporto di nanoplastiche negli organi fuori terra”, sottolinea la ricerca. Le misurazioni, in particolare, hanno mostrato che l’efficacia della fotosintesi stessa si riduce di un terzo in due settimane nel ciavardello e del 10% in quattro settimane nell’abete rosso.

Il risultato è che una parte dell’energia della luce solare non viene più utilizzata per la fotosintesi, ma viene dissipata sotto forma di calore.

La riduzione dell’efficacia della fotosintesi, concludono gli studiosi, non ha avuto alcun effetto sulla crescita degli alberi. Tuttavia, considerando la brevità del periodo di osservazione, appena quattro settimane, non è al momento possibile valutare pienamente le possibili conseguenze a lungo termine. Difficile, sottolineano ancora gli scienziati, pensare che le nanoplastiche possano avere effetti letali sulle piante. Ma è comunque verosimile che il loro assorbimento possa costituire oggi un ulteriore fattore critico per gli alberi “che si trovano ad affrontare molteplici e concomitanti fattori di stress dovuti all’inquinamento antropogenico e ai cambiamenti climatici”.