Il calcolo è dell’organizzazione Portfolio.earth e riguarda le 50 più grandi banche globali. Ciascuna ha concesso in media 52 miliardi in favore di attività ai danni degli ecosistemi mondiali
di Matteo Cavallito
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Nel 2019 le maggiori banche del Pianeta hanno finanziato con oltre 2.600 miliardi di dollari progetti legati direttamente o indirettamente alla distruzione di ecosistemi e fauna selvatica. L’esborso, per fare un paragone, supera nettamente il controvalore dell’economia italiana (circa 2.000 miliardi di dollari alla fine dello scorso anno). Lo evidenzia un rapporto diffuso in queste settimane dall’organizzazione Portfolio.earth: l’iniziativa, cui partecipano esperti di finanza, economia e ambiente, punta a far comprendere meglio l’impatto dell‘industria finanziaria sulla biodiversità.
Dalla natura dipende la metà del Pil globale
Quello del settore finanziario è un ruolo cruciale. Ad oggi, spiegano i ricercatori citando le stime del World Economic Forum, la natura e i suoi servizi contribuiscono a circa la metà del Pil globale (44 miliardi di dollari). Il settore industriale è da sempre sotto accusa per l’impatto negativo delle sue attività sull’ambiente. Non altrettanto, tuttavia, si può dire del comparto bancario, il cui contributo è stato spesso sottovalutato. Eppure quello dei finanziamenti è un meccanismo chiave, il “carburante” delle iniziative imprenditoriali, comprese ovviamente quelle che determinano un danno all’ecosistema. Secondo l’analisi di Portfolio.earth, due terzi dei finanziamenti concessi hanno favorito attività che comportano direttamente una perdita della biodiversità (come la pesca o l’estrazione mineraria ad esempio). Un terzo dei fondi è finito invece nelle casse delle imprese che contribuiscono indirettamente al fenomeno, alimentando la domanda di materie prime (come le aziende del settore costruzioni e infrastrutture).
In cima alla lista nera i colossi di Wall Street
L’analisi ha coinvolto 50 grandi banche globali. Ciascuna ha concesso in media 52 miliardi di dollari di finanziamenti. In cima alla lista ci sono alcuni dei maggiori istituti americani: Bank of America, Citigroup e JP Morgan Chase. Questi ultimi sono stati responsabili di circa un quarto dei prestiti concessi dal campione osservato. Nella Top Ten compaiono anche la statunitense Wells Fargo oltre a tre banche giapponesi – Mizuho Financial, Mitsubishi Financial e Sumitomo Mitsui Banking Corporation. Altrettanti gli istituti europei: la francese BNP Paribas e le britanniche HSBC e Barclays. Il 32% dei finanziamenti – tra prestiti e sottoscrizioni obbligazionarie – è finito nel settore delle infrastrutture, il 25% nel comparto minerario e il 20% nell’industria del fossile. Il settore agroalimentare ha ricevuto soltanto il 10% dei finanziamenti. Quest’ultimo dato, sottolineano i ricercatori, è comunque preoccupante considerando il forte impatto di questo segmento produttivo sulla perdita di biodiversità a livello globale.
Banche e governi devono agire in fretta
Il vero problema, tuttavia, è che le banche non sembrano aver preso sufficientemente coscienza del problema. Le eccezioni sono ancora troppo poche. «Gli operatori del settore finanziario – si legge nel rapporto – hanno ampiamente evitato di esaminare la loro situazione». Proprio per questo, gli autori chiedono ora agli istituti di rendere noto e ridurre drasticamente il loro impatto sulla natura invitando al tempo stesso i governi a riscrivere le regole per limitare i danni associati alle operazioni finanziarie.