Dall’esperienza della COP27 esce rafforzato il tema della tutela del suolo in risposta al riscaldamento globale. I progetti in corso nell’area mediterranea e le iniziative della Mission “A Soil Deal for Europe” offrono significative opportunità per agricoltori, istituzioni e cittadini
di Angelo Riccaboni e Fabio Fava*
La Giornata Mondiale del Suolo cade a poco più di due settimane di distanza dalla conclusione della ventisettesima COP, la Conferenza delle Parti sul Clima. È stata, quella Sharm el-Sheikh, un’edizione indubbiamente difficile e complessivamente deludente. Alcuni passi positivi, tuttavia, sono stati compiuti. Moltissimi, in rappresentanza di tutti i continenti, i Paesi che hanno partecipato attivamente ai lavori promuovendo le loro istanze e condividendo informazioni su temi di cruciale importanza come la protezione e il ripristino del suolo, la decarbonizzazione e la rigenerazione ambientale in senso lato.
Storica, inoltre, è stata l’approvazione del “Loss and demage fund”, il fondo per i Paesi più vulnerabili ed esposti agli effetti del cambiamento climatico. La sua istituzione, in particolare, ha messo al centro la volontà di quantificare le perdite causate dalle nazioni maggiormente industrializzate nei confronti di quelle più povere. E ha confermato, ancora una volta, il mantenimento dell’obiettivo di Parigi sulla limitazione dell’aumento delle temperature (più 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali).
Mediterraneo protagonista
Tra le novità più piacevoli del vertice emerge la presenza del primo padiglione interamente dedicato al Mediterraneo, un’area d’importanza cruciale che presenta numerose sfide. Negli anni, alcune organizzazioni come Union For the Mediterranean (UfM), UNEP-MAP e PRIMA (Partnership for Research and Innovation in the Mediterranean Area) hanno portato all’attenzione le criticità della regione evidenziando alcune soluzioni, replicabili a livello globale, per vincere la sfida dello sviluppo sostenibile.
Tra queste spicca proprio la gestione responsabile del suolo, strategia decisiva per il contrasto alla desertificazione e l’incremento della resilienza naturale e climatica.
La centralità della dimensione non è casuale. Oltre a contribuire al 95% circa della produzione alimentare mondiale, il terreno fornisce importanti servizi ecosistemici, come la produzione di biomassa e il filtraggio dei contaminanti. Nel Mediterraneo, tuttavia, un terzo del territorio è già degradato e gran parte dei suoli presenta un basso contenuto organico. Due fenomeni su cui incidono le alte temperature e l’utilizzo di pratiche agricole insostenibili.
L’Italia deve ridurre il consumo di suolo
In questo quadro l’Italia è chiamata a fare la sua parte. Una principali urgenze nazionali, ovviamente, è la rapida riduzione del consumo di suolo (tra i più alti in Europa) che si affianca alla necessità di mettere a sistema le varie iniziative in atto per la protezione e la rigenerazione del terreno, anche a livello continentale, e gli attori – tra cui istituzioni, associazioni e fondazioni – per realizzare un piano di azione condiviso, armonico e di grande impatto.
La necessità di mettere “a sistema” le iniziative con la collaborazione di cittadini e agricoltori ha ha ispirato i lavori dei recenti Stati Generali di Ecomondo 2022 finalizzati alla programmazione di una vera e propria piattaforma programmatica per lo sviluppo di una Strategia Italiana per il Suolo. Nel corso dell’iniziativa sono emerse ulteriori priorità giudicate essenziali.
L’elenco comprende l’armonizzazione dei dati e dei sistemi di monitoraggio, la promozione delle buone pratiche – anche attraverso lo sviluppo di Lighthouse Farms e dei Living Labs – tra cui il carbon farming, lo sviluppo di un quadro legislativo comunitario di riferimento, l’attenta pianificazione della spesa (dal PNRR, alle risorse 21-27 fino al Fondo di Sviluppo e Coesione) e il sostegno alla bioeconomia circolare e ai bioprodotti. Infine un’ulteriore necessità: il coinvolgimento sul tema dei cittadini e delle scuole finalizzato alla sensibilizzazione dell’opinione pubblica sull’urgenza delle azioni di tutela dei terreni in linea con quanto indicato dalla Mission “A Soil Deal for Europe“.
I progetti di PRIMA
La questione è anche al centro di alcuni bandi specifici promossi negli ultimi anni da PRIMA in collaborazione con la Mission europea. Alcune iniziative si concentrano sulla sperimentazione di tecniche alternative e sulla diffusione di buone pratiche tra le comunità di agricoltori, basate principalmente su principi dell’agroecologia e dell’agricoltura conservativa che mirano a migliorare la disponibilità di acqua e materia organica nel suolo, proteggendolo dall’erosione o dalla salinizzazione.
Tra queste si segnalano il progetto Halfarms, per il ripristino della fertilità del suolo con quattro aree sperimentali in Tunisia, Egitto, Spagna e Italia, e i programmi Mara-Mediterra e React4Med per testare pratiche agronomiche e rigenerative in grado di contrastare la desertificazione nella regione mediterranea. Nuovi bandi per la ricerca di soluzioni innovative, concrete e replicabili per contribuire a rendere i suoli dell’area più sani e produttivi saranno lanciati a gennaio.
Ricerca e innovazione sono decisive
Ricerca e innovazione, da sempre, sono elementi cruciali. Ma per ottenere risultati significativi è necessario scegliere bene i progetti e non sprecare risorse. Moltissime, peraltro, sono le iniziative in corso che consentono, nel caso dei programmi continentali, di condividere esperienze diverse realizzate nelle varie nazioni elaborando indicazioni condivise da sottoporre in seguito alla Commissione e alle istituzioni di indirizzo europee.
In questo contesto occorre quindi censire, connettere e integrare tra loro le azioni in atto con l’obiettivo di massimizzare la loro riuscita sui territori. Ma anche di garantire informazioni più dettagliate e puntuali per gli addetti ai lavori, le istituzioni, i cittadini e i nostri giovani.
*Gli autori
Angelo Riccaboni
Professore Ordinario di Economia aziendale dal 1999, presiede attualmente il Santa Chiara Lab, un centro di innovazione dell’Università di Siena. È presidente, dal 2017, del Board of Trustees della Fondazione PRIMA, l’organizzazione, con sede a Barcellona, incaricata di promuovere l’Iniziativa Euro-Mediterranea di innovazione e ricerca sui temi dei sistemi alimentari e delle risorse idriche. Dal 2019, su incarico del MUR, è Delegato Nazionale nella Mission Soil Health and Food di Horizon Europe.
Fabio Fava
Professore Ordinario di “Biotecnologie Industriali e Ambientali” presso la Scuola di Ingegneria dell’Università degli Studi di Bologna dal 2005, è attualmente Coordinatore tecnico/scientifico della Strategia italiana per la Bioeconomia e del “Gruppo di coordinamento nazionale per la Bioeconomia” presso il “Comitato Nazionale Biosicurezza, Biotecnologie e Scienza della Vita” della Presidenza del Consiglio dei Ministri. È Rappresentante italiano presso la Commissione Europea nell’ambito del “European Bioeconomy Policy Forum”, della partnership “Circular Bioeconomy Europe” (CBE JU) e del Cluster 6 di Horizon Europe ed è membro del CdA di Re Soil Foundation.