1 Dicembre 2025

“La nuova Strategia per la Bioeconomia è un passo avanti per il futuro economico Ue”

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FOTO: Nattanan Kanchanaprat from Pixabay

David Newman (European Bioeconomy Bureau): “Il documento riconosce gli errori del passato e cerca di correggerli, anche per evitare di perdere il treno di opportunità che la bioeconomia offre”. Ma alcuni aspetti preoccupano: a partire dall’assenza di meccanismi di ‘market pull’ per stimolare le innovazioni industriali

di Emanuele Isonio

 

“Vanno fatti i complimenti alla Commissione per essere riuscita a pubblicare in breve tempo un documento cosi comprensivo e corposo. Un documento lungimirante, con degli obiettivi abbastanza chiari, che riconosce il ruolo importante, direi centrale, della bioeconomia nel futuro del tessuto economico continentale”. David Newman è presidente dello European Bioeconomy Bureau, ONG con sede a Bruxelles che promuove la bioeconomia come alternativa sostenibile all’economia basata sui combustibili fossili. È indubbiamente soddisfatto dopo aver appreso della presentazione, da parte della Commissione europea, della nuova Strategia per la bioeconomia, che sostituisce il documento già sviluppato nel 2012 e i riesami effettuati nel 2018 e nel 2022.

Dottor Newman, quali sono i motivi che la spingono a esprimere soddisfazione per la nuova Strategia sulla bioeconomia?

Inanzittuto perché fa delle dichiarazioni che abbiamo aspettato da tanti anni. Ad esempio, riconosce che aver incentivato l’uso delle biomasse soltanto per produrre energia è stato un errore che va corretto. Riconosce inoltre  il ruolo importante delle bioplastiche e prevede una revisione della PPWR. Sono aspetti che applaudiamo, perché arrivano dopo anni di discussione nei quali, come sostenitori della bioeconomia, siamo sempre stati ignorati.

Ci sono invece elementi di debolezza che vi preoccupano?

Le faccio un esempio: oggi le bioplastiche incidono per l’1% sul mercato europeo delle plastiche. Di conseguenza non vale la pena raccoglierle, separarle e riciclarle, tranne che in Italia dove esiste un sistema nato attorno al riciclo delle biomasse attraverso compostaggio e biogas. Nel resto d’Europa, per rendere economicamente fattibile la raccolta separata e il riciclo, le bioplastiche dovranno penetrare il mercato fino ad arrivare a circa il 5% delle plastiche. Però, essendo materiali prodotti su piccola scala, il prezzo delle materie è spesso 4 o 5 volte quello delle plastiche da fonti fossili che sono poi fortemente incentivate attraverso sussidi. Quale meccanismo possiamo creare per stimolare il mercato della bioplastiche, incrementare la produzione, ridurre i costi e creare circuiti di raccolta e riciclo?

A mio avviso servono indicazioni precise, obblighi e obiettivi vincolanti, che determinano l’uso dei biopolimeri in certe applicazione. Esattamente come l’Italia ha fatto con le buste della spesa, i sacchetti per l’ortofrutta e i sacchi per la raccolta della frazione organica dei rifiuti. Allora il prezzo diventa irrelevante. Se esiste l’obbligo, la produzione viene stimolata e gli investimenti seguono.

La nuova Strategia non prevede questi meccanismi di “market pull” (che fanno leva sulla domanda del mercato per stimolare lo sviluppo del prodotto, ndr). Sicuramente questo è un forte elemento di debolezza.

Il contributo della bioeconomia circolare nel recupero di biodiversità. FONTE: Tackling root causes - Halting biodiversity loss through the circular economy

Il contributo della bioeconomia circolare nel recupero di biodiversità. FONTE: Tackling root causes – Halting biodiversity loss through the circular economy

Perché era necessaria una nuova Strategia per la Bioeconomia visto che ne sono state presentate altre in passato?

C’e un obbligo di rivedere le strategie periodicamente ma soprattutto la velocità di cambiamento economico e tecnologico è tale che occorrono nuovi strumenti legislativi per incorporare queste novità nell’economia europea. La Commissione stessa ammette che la Cina e gli Stati Uniti sono avanti a noi e rischiamo quindi di perdere la potenzialità di crescita economica che la bioeconomia offre. Gli investimenti vanno altrove. Porvi rimedio diventa urgente e inevitabile.

sviluppo della strategia per la bioeconomia Ue e struttura della prima relazione sullo stato di avanzamento. FONTE: Commissione europea

FONTE: Commissione europea

Concretamente, in che modo la nuova Strategia aiuterà il tessuto industriale europeo?

Buona domanda. Per rispondere non posso che affidarmi a quanto si impegna a fare la Commissione secondo la nuova Strategia: intende aiutare l’espansione delle bioraffinerie e dei materiali di origine biologica, rafforzare gli investimenti attraverso piattaforme dedicate e partenariati UE e accelerare l’innovazione nella biotecnologia e nella biofabbricazione. Una nuova “Agenda Strategica di Sviluppo” dovrebbe poi aiutare le regioni a costruire i propri percorsi di bioeconomia, con il supporto di laboratori viventi, azioni pilota e assistenza politica mirata.

Altrettanto importante è la rinnovata attenzione alla sostenibilità. La strategia rafforza i sistemi di monitoraggio dell’UE, promuove standard ed etichette più chiari per i prodotti di origine biologica e fornisce orientamenti per garantire che la produzione di biomassa protegga la natura, il suolo e la biodiversità.

Perché la competitività dell’industria europea a livello mondiale passa per gli investimenti in bioeconomia?

L’Europa non può competere contro la produzione di materiali a base di fonti fossili. La Cina, i Paesi del Medio Oriente, gli Stati Uniti hanno costi di materie prime e dell’energia molto inferiori. Inoltre gli alti costi connessi con i programmi sociali, il costo del lavoro e la produttività lavorativa rendono la Ue meno competitiva. Occorre evitare la graduale de-industrializzazione, che già stanno vivendo il settore chimico, l’automotive e molti altri comparti. Investire su nuove tecnologie dove i costi delle materie prime sono pressoché uguali e dove non ci sono ancora industrie consolidate e dominanti altrove, permette all’Europa di competere. Ma occorre muoversi con velocità. La mia paura è che i processi europei siano troppo lenti. Parliamo tanto, ma qui occorrono strumenti legislativi incisivi e forti per riguadagnare il tempo perduto e riprendere posizione nei mercati globali. Ce la faremo?

La nuova Strategia Ue influenzerà ora anche le normative nazionali e in che modo?

La revisione di alcune normative, come la PPWR o Waste Framework Directive, incide direttamente sulle normative nazionali. E qui è in parte il problema: come vediamo dall’enorme numero di procedure di infrazione attivate contro gli Stati Membri, l’implementazione delle normative europee è lenta e incompleta. Sarebbe indubbiamente auspicabile un maggiore sforzo sull’attuazione delle norme comunitarie.