17 Dicembre 2024

Il suolo è una sorprendente riserva di nuovi antibiotici

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Il suolo, ricorda uno studio olandese, ospita un numero enorme di microbi in grado di produrre antibiotici efficaci e tuttora sconosciuti. L’indagine genetica consente di individuarli

di Matteo Cavallito

 

I microorganismi del suolo potrebbero essere una fonte sottovalutata di produzione di nuovi antibiotici. Lo segnala uno studio a cura dell’Istituto di Biologia di Leida, nei Paesi Bassi. La ricerca evidenzia quindi nuove opportunità di sviluppo per questi composti che assumono un’importanza particolare a fronte dei noti problemi legati alla resistenza dei patogeni. Negli ultimi anni la ricerca di nuovi antibiotici “ha subito un significativo rallentamento, nonostante l’urgente necessità di soluzioni”, ricorda una nota. A oggi, circa il 70% di questi prodotti in uso risale agli Anni ’50, il decennio di massima espansione del comparto cui ha fatto seguito un lungo declino nelle scoperte di nuovi battericidi che prosegue tuttora.

I batteri del suolo sono una risorsa inesplorata

“I batteri resistenti agli antibiotici rappresentano una grave minaccia per la salute”, si legge nella ricerca. “Per affrontare questa sfida è necessario, tra le altre cose, sviluppare nuovi composti antibatterici”. Oggi molti antibiotici nuovi e potenzialmente più potenti sono ancora in attesa di essere scoperti, sottolinea Nataliia Machushynets, biologa e autrice dello studio evidenziando il ruolo dei microorganismi nella produzione di questi composti in grado di uccidere i batteri.

La ricerca si focalizza “sulla scoperta di nuovi antibiotici dai batteri del suolo, in particolare streptomiceti e paenibacilli. Nonostante il vasto potenziale codificato nei genomi batterici, solo una parte dei prodotti naturali è stata esplorata sperimentalmente”.

Identificare nuovi composti promettenti resta un lavoro complesso che richiede l’uso di tecniche nuove e più efficaci. L’analisi genomica attraverso il sequenziamento del DNA è una di queste. L’impiego di questi strumenti “ci ha fatto capire che siamo riusciti a malapena a scalfire la superficie di ciò che i batteri sono in grado di produrre”, spiega Machushynets. “Secondo le stime, conosciamo meno del 5% del loro potenziale”.

Identificare i composti con la metabolomica

Attualmente, sottolinea ancora lo studio, “un ostacolo critico è costituito dalla ripetuta riscoperta di composti noti, un processo chiamato replicazione”. Per risolvere questo problema i ricercatori hanno adottato una tecnica chiamata metabolomica che consiste nello studio delle cosiddette impronte chimiche dei processi cellulari. In questo modo hanno potuto identificare composti promettenti nei campioni esaminati.

Nello specifico, le tecniche utilizzate sono state messe a disposizione in una piattaforma chiamata nanoRAPIDS, progettata, spiega ancora lo studio, “per la scoperta e la dereplicazione di composti bioattivi a bassa abbondanza attraverso il nanofrazionamento in linea, il networking molecolare e i saggi di bioattività”. Tale piattaforma “è stata applicata con successo per analizzare gli estratti grezzi bioattivi di Bacillus e Streptomyces e per evidenziare le singole caratteristiche di massa che contribuiscono all’attività dell’estratto grezzo”.

Nuove frontiere per gli antibiotici

Mentre le tecniche spettroscopiche avanzate, come la metabolomica, hanno permesso di rilevare e caratterizzare gli antibiotici presenti negli estratti batterici complessi, ricorda lo studio, l’analisi chimica sintetica e la bioinformatica hanno aiutato i ricercatori a scoprire, ottimizzare e perfezionare le proprietà antibatteriche dei composti. Tra gli antibiotici individuati la tridecaptina, efficace contro un batterio noto come Pseudomonas aeruginosa e resistente alla colistina, e la paenitracina bioattiva che agisce contro l’Enterococcus faecium resistente alla vancomicina.

Tra gli altri composti identificati le paenilipoeptine, i chinazolinoni, l’actinomicina L e i lipopeptidi della tridecaptina e la paenitracina, una nuova variante della bacitracina.

La ricerca, insomma, ha utilizzato “un’ampia gamma di approcci chimici computazionali, biologici e analitici per attivare vie biosintetiche criptiche fornendo così un nuovo contributo chimico come base per i nostri futuri antibiotici”. Le scoperte, conclude lo studio, “evidenziano che i batteri del suolo hanno ancora un grande potenziale come fonte di nuovi antibiotici, per aiutarci nella battaglia quotidiana contro le infezioni batteriche resistenti”.