9 Dicembre 2024

Nelle radici la chiave per il ripristino delle zone umide

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Nelle aree costiere i macropori favoriti dalla crescita delle radici fanno aumentare lo scambio idrico guidato dalle maree migliorando la respirazione del suolo

di Matteo Cavallito

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I terreni con un maggior numero di macropori formati dalle radici delle piante e dalle tane dei granchi facilitano il movimento dell’acqua contribuendo alla salute degli ambienti umidi. Lo rivela uno studio pubblicato sul Journal of Plant Ecology. La ricerca è stata realizzata grazie a una collaborazione tra la University of Western Australia e la Beijing Forestry University e ha svelato il ruolo critico delle piante stesse nel migliorare il flusso idrico nei suoli del Delta del Fiume Giallo, in Cina.

Le radici influenzano positivamente il movimento dell’acqua

“La nostra ricerca evidenzia l’importanza dei pori del suolo indotti dalle radici nel migliorare la funzione idrologica”, ha dichiarato Lumeng Xie, principale autrice dello studio in una nota dell’ateneo australiano. La ricerca, ha spiegato, evidenzia in particolare come il sistema vegetazione-suolo-idrologia consenta di creare un’interconnessione negli ecosistemi delle zone umide nei quali ogni singolo componente può avere un impatto sulla salute dell’ambiente nel suo insieme.

Per questa ragione la crescita delle piante ha un ruolo essenziale nel ripristino di queste aree e, di conseguenza, nella salute degli ecosistemi che dipendono da interazioni sane tra suolo e acqua. “È importante notare che la selezione delle specie vegetali per gli sforzi di rivegetazione può influenzare profondamente le condizioni del suolo e dell’acqua, condizionando così le pratiche di ripristino sostenibili”, ha precisato.

Il sistema acqua-suolo ai raggi X

Gli autori si sono posti l’obiettivo di chiarire e quantificare meccanicamente e statisticamente l’influenza del suolo sul flusso idrico verticale nel Delta del Fiume Giallo. Utilizzando la tomografia computerizzata a raggi X e un test di permeabilità, i ricercatori hanno prima evidenziato “le caratteristiche del processo idrodinamico nel terreno privo di macropori”.

In seguito hanno valutato “l’effetto dei macropori stessi sul processo idrodinamico del suolo confrontando i risultati sperimentali con quelli della simulazione”.

In definitiva, spiegano, “abbiamo scoperto che l’aumento della microporosità del suolo ha migliorato la funzionalità del movimento dell’acqua e, con essa, la connettività idrologica della regione”. I risultati, concludono, “contribuiranno ulteriormente a svelare il processo eco-idrologico a scala verticale nel suolo fornendo indicazioni teoriche per la conservazione e il ripristino delle zone umide”.

Una lezione per gli ambienti costieri

Secondo Xie, le scoperte sono “fondamentali per orientare i futuri progetti di conservazione e rigenerazione in aree come il Delta del Fiume Giallo e le zone umide saline o degradate dell’Australia Occidentale”. Nelle aree costiere, in particolare, lo sviluppo di macropori a seguito di interventi di piantumazione, ad esempio, farà aumentare lo scambio idrico guidato dalle maree migliorando l’intensità e la durata della respirazione del suolo e contribuendo in tal modo a mantenere la funzionalità dell’ecosistema.

Inoltre, conclude la ricerca, “il ripristino della vegetazione è utile anche per migliorare la conducibilità idraulica saturo-superficiale”. Per questo, “è necessario compiere maggiori sforzi per il reimpianto nelle aree di degrado” prendendo in considerazione differenti specie, le caratteristiche delle loro radici e l’impatto di queste ultime sulla distribuzione dei macropori nel terreno.