La biodiversità di piante e microorganismi fa aumentare la disponibilità di fosforo nel suolo
Uno studio cinese rivela i meccanismi che influenzano la capacità di mobilizzazione del fosforo. La fertilizzazione riduce la presenza di elemento assorbibile, la rigenerazione forestale la fa aumentare
di Matteo Cavallito
Nei sistemi forestali la mobilizzazione del fosforo è favorita dall’interazione tra le piante e i microorganismi che dà vita a una “cascata trofica” che fa aumentare la disponibilità e quindi l’assorbimento dell’elemento. Un processo complesso illustrato oggi da uno studio dell’Institute of Subtropical Agriculture dell’Accademia Cinese delle Scienze che, nell’occasione, ha chiarito per la prima volta alcuni meccanismi che consentono agli organismi di adattarsi alla limitazione del fosforo stesso negli ecosistemi subtropicali.
L’indagine, pubblicata sul Journal of Advanced Research, dimostra in particolare come l’efficacia della mobilizzazione sia influenzata da fattori come il clima e l’uso del suolo ma anche dalla litologia, ovvero dal tipo di roccia – carbonatica (carsica) o clastica (non carsica) – presente.
Solo una parte minoritaria del fosforo è assimilabile
Il fosforo è un nutriente essenziale per la produttività degli ecosistemi terrestri. Esso, tuttavia, è presente nel suolo soprattutto in forme immobilizzate, ad esempio come parte di minerali o di materia organica complessa, che non possono essere assorbite dalle piante. L’elemento, per contro, è disponibile per l’assorbimento se soggetto a mobilizzazione, ovvero il processo che lo libera sotto forma di fosfati solubili e, come tali, assorbibili dalle radici.
Gli organismi responsabili della mobilizzazione sono molteplici. Tra essi ci sono i batteri e i funghi così come i nematodi che alimentano processi come la produzione di enzimi o la decomposizione della materia organica.
Comprendere come essi agiscano e quali fattori influenzino la loro attività diventa così essenziale. Soprattutto nei territori tropicali e subtropicali dove la disponibilità di fosforo nel suolo è estremamente bassa ma anche nelle aree soggette alla fertilizzazione intensiva. Una pratica, osserva lo studio, che da parte sua non risolve il problema dal momento che la maggior parte del fosforo applicato in questo modo finisce per essere “precipitato da minerali (come ad esempio calcio, ferro e alluminio), lisciviato o eroso”, contribuendo all’esaurimento delle risorse minerarie e alla perdita di nutrienti.
La rigenerazione forestale libera l’elemento disponibile
Per capire se e come la biodiversità degli organismi e la complessità delle reti alimentari del suolo possano favorire la trasformazione delle forme di fosforo meno disponibili in frazioni più assimilabili, gli autori hanno quindi preso in esame diversi suoli nella Cina sud-occidentale subtropicale caratterizzati da rocce carbonatiche e clastiche.
Scoprendo, in particolare, che la fertilizzazione prolungata fa aumentare, in ogni caso, l’accumulo di forme di fosforo moderatamente labili o stabili, indebolendo al contempo la capacità biologica di mobilizzazione.
Ovvero, in ultima analisi, la disponibilità dell’elemento per le piante. Per contro, la conversione da terreno agricolo a foresta, “ha fatto crescere le frazioni di fosforo labile nel suolo del 43,8% nelle regioni carsiche ma ha ridotto quelle di elemento moderatamente labile e stabile in misure comprese rispettivamente tra il 62,6 e il 79,1% nelle regioni carsiche e tra il 34,8 e il 36,6% in quelle non carsiche”.
La biodiversità è decisiva
In definitiva, dunque, il recupero forestale sembra innescare un processo di trasformazione delle riserve di fosforo immobilizzato in forme più assorbibili, nonostante la generale scarsità dell’elemento osservata nelle foreste mature. La spiegazione, sostiene lo studio, risiederebbe nella maggiore biodiversità multitrofica riscontrata nei suoli forestali e in quelli carsici rispetto a quelli non carsici. “Il ripristino forestale nelle regioni carsiche ha migliorato le interazioni a cascata tra batteri mobilizzatori di fosfati, piante micorriziche e nematodi”, spiegano gli autori in una nota.
Questa sinergia, in particolare, “ha migliorato la mobilizzazione e l’assorbimento biologico del fosforo, che ne ha ridotto la precipitazione nei composti di calcio e magnesio allievandone, di conseguenza, la scarsità”.
Lo studio, concludono, “evidenzia la vulnerabilità degli ecosistemi carsici, dove i disturbi antropici come la lavorazione del suolo e la deforestazione causano facilmente la perdita di specie e interrompono le interdipendenze multitrofiche critiche”. Le scoperte, infine, “sottolineano il ruolo fondamentale della riduzione degli apporti di fosforo minerale e del potenziamento della mobilizzazione dell’elemento residuo attraverso vie biologiche nel promuovere la sostenibilità agricola e nel sostenere il recupero degli ecosistemi degradati nel contesto dei cambiamenti globali”.

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Patrick Domke / ETH Zurich, per uso non commerciale
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