19 Settembre 2024

I batteri del suolo sopravvivono cooperando tra loro

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Grazie al sequenziamento dei geni, i ricercatori dell’Ohio State University hanno dimostrato come i batteri cooperino per prosperare in contesti caratterizzati da diversi livelli di pH

di Matteo Cavallito

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Il pH del suolo è un fattore determinante per la composizione della comunità batterica. Ma la necessità di affrontare la tossicità rilasciata durante il ciclo dell’azoto determina interazioni cruciali tra i microbi che, in ultima analisi, danno forma alla comunità finale. Lo sostiene un recente studio della Ohio State University. Il lavoro, in particolare, aiuta a chiarire le basi microbiche del ciclo globale dell’azoto e può fornire un nuovo modo di pensare alle emissioni di protossido di azoto, un potente gas serra.

Il pH è un fattore chiave

La ricerca, pubblicata di recente sulla rivista Nature Microbiology, parte da un presupposto noto: la forte correlazione esistente tra i batteri e i microbi del terreno in generale e il pH di quest’ultimo. Un aspetto che si affianca al ruolo dei microbi nel mantenimento della salute e della produttività del suolo. Gli autori, sottolinea una nota, hanno utilizzato un set di dati provenienti da una raccolta di campioni di terreno superiore effettuata su scala globale.

Così facendo hanno sequenziato i genomi dei microbi e analizzato importanti caratteristiche del terreno, come il contenuto di azoto e carbonio e il livello di acidità.

Basandosi sulla composizione genetica delle comunità microbiche, i ricercatori hanno determinato i ruoli funzionali dei microorganismi individuando la presenza dei batteri coinvolti nella conversione dell’azoto in forme assimilabili dalle piante e successivamente rilasciate da queste ultime nell’atmosfera. “Un’analisi bioinformatica – spiega la nota – ha dimostrato che il pH del suolo è il fattore ambientale più importante associato all’abbondanza di questi organismi”. Ma c’è dell’altro.

Organizzazione della rete alimentare del suolo. Modello semplificato dei diversi gruppi di organismi del suolo: i microrganismi, micro, meso e macrofauna sono raggruppati in tre categorie nella rete alimentare e la sua differenziazione funzionale. In primo luogo, la micro-rete alimentare (linee tratteggiate) comprende batteri e funghi, che sono alla base della rete alimentare e decompongono la materia organica del suolo, che rappresenta la risorsa di base dell'ecosistema del suolo, e i loro predatori diretti, protozoi e nematodi. In secondo luogo, i trasformatori della lettiera includono i microartropodi che frammentano la lettiera, creando nuove superfici per l'attacco microbico. Infine, gli ingegneri dell'ecosistema, come termiti, lombrichi e formiche, modificano la struttura del suolo migliorando la circolazione di nutrienti, energia, gas e acqua. Adattato da Coleman e Wall, 2015. FONTE: FAO State of knowledge of soil biodiversity—Report 2020.

Organizzazione della rete alimentare del suolo. Modello semplificato dei diversi gruppi di organismi del suolo: i microrganismi, micro, meso e macrofauna sono raggruppati in tre categorie nella rete alimentare e la sua differenziazione funzionale. In primo luogo, la micro-rete alimentare (linee tratteggiate) comprende batteri e funghi, che sono alla base della rete alimentare e decompongono la materia organica del suolo, che rappresenta la risorsa di base dell’ecosistema del suolo, e i loro predatori diretti, protozoi e nematodi. In secondo luogo, i trasformatori della lettiera includono i microartropodi che frammentano la lettiera, creando nuove superfici per l’attacco microbico. Infine, gli ingegneri dell’ecosistema, come termiti, lombrichi e formiche, modificano la struttura del suolo migliorando la circolazione di nutrienti, energia, gas e acqua. Adattato da Coleman e Wall, 2015. FONTE: FAO State of knowledge of soil biodiversity—Report 2020.

Ma anche la cooperazione è decisiva

I ricercatori hanno usato come modello proprio il processo di elaborazione dei composti di azoto (la cosiddetta denitrificazione) per dimostrare come i modelli metagenomici nei microbiomi del suolo possano emergere dalle interazioni che sono a loro volta condizionate dal pH. “Con un’analisi di sequenziamento del suolo”, si legge nella ricerca, “abbiamo scoperto che le concentrazioni di due diversi genotipi variano con il pH: al diminuire di quest’ultimo quelle del gene nar aumentano, mentre quelle del gene nap si riducono”.

E ancora: “ Abbiamo poi dimostrato che in condizioni di acidità i ceppi che possiedono il nar non riescono a crescere in isolamento, ma si arricchiscono all’interno della comunità grazie a un’interazione ecologica con i genotipi nap”.

A determinare la presenza più o meno elevata di alcuni batteri, insomma, non è solo l’ambiente in sé ma anche l’insieme delle interazioni tra i diversi organismi del suolo. “Ciò significa che il pH influisce sull’interazione tra gli organismi della comunità in modo più o meno consistente”, ha spiegato Karna Gowda, assistente alla cattedra di microbiologia della Ohio State University e co-autore dello studio. “E questo evidenzia come diversi batteri lavorino insieme per prosperare in un livello di pH del suolo variabile”.

Nuovi spunti per la mitigazione climatica

La ricerca fornisce dunque nuove conoscenze sulle dinamiche che coinvolgono i batteri e gli altri microrganismi che, rilevano gli autori, non sono solo guidati dalla volontà di sopravvivere ma si affidano, a tale scopo, anche l’uno all’altro. Un fenomeno che ha implicazioni anche per la salute dell’ambiente e che apre la strada a nuove comprensioni.

Secondo gli autori, in particolare, capire come le interazioni e l’ambiente influenzino le emissioni di protossido di azoto potrebbe fornire nuovi spunti per mitigare l’azione di questo potente gas serra.

“I batteri denitrificanti sono fonti e serbatoi chiave di protossido di azoto nei terreni agricoli”, ha dichiarato Gowda. “Mentre gli studi passati si sono concentrati sul comportamento degli organismi che emettono protossido di azoto in diverse condizioni di pH, considerare oggi le loro interazioni ecologiche può offrire nuove strategie per ridurre le emissioni”.