Vino e microalghe: in Argentina nasce una nuova alleanza circolare
Uno studio evidenzia come la CO2 recuperata dal processo di fermentazione possa essere usata per stimolare la crescita delle microalghe. A beneficio del clima e dello sviluppo dei bioprodotti
di Matteo Cavallito
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La CO2 prodotta nel processo di fermentazione del vino può essere utilizzata con successo per la coltivazione di microalghe. Una strategia di bioeconomia circolare che contribuisce “alla cattura del carbonio e alla valorizzazione di un prezioso prodotto derivato”. A sostenerlo è uno studio che ha coinvolto diversi ricercatori della Universidad Nacional de San Juan e del Consejo Nacional de Investigaciones Científicas y Técnicas (CONICET) di Buenos Aires.
L’indagine, pubblicata sulla rivista Fermentation, apporta così ulteriori conoscenze sul tema delle potenzialità delle alghe a cominciare dalla loro attitudine al sequestro del carbonio. Che, ricordano gli autori, rende queste piante “uno strumento efficace per mitigare le emissioni di gas serra, soprattutto se coltivate su terreni non fertili utilizzando i fotobioreattori”.
I vantaggi delle microalghe
A differenza delle alghe marine di grande dimensione, le microalghe sono un insieme eterogeneo di organismi fotosintetici unicellulari che possono crescere rapidamente in acqua dolce o salata in condizioni di fotoautotrofia. “In particolare”, spiega lo studio, “esse possono catturare quantità sostanziali di anidride carbonica fissandone da 10 a 50 volte in più rispetto alle piante terrestri e producendo in media 1,83 g di biomassa per grammo di CO2 consumato”. Ma non è tutto. Esse, infatti, “contribuiscono al biorisanamento trattenendo efficacemente i metalli pesanti e altri inquinanti”.
La loro biomassa, infine, è ricca di proteine e antiossidanti e “costituisce una risorsa preziosa per diverse applicazioni, tra cui biofertilizzanti, biocarburanti, produzione di alimenti e prodotti farmaceutici”.
Secondo i ricercatori, queste caratteristiche possono essere sfruttate per produrre benefici in un settore produttivo tuttora responsabile di una significativa impronta di carbonio: quello vitivinicolo. “Nella provincia di San Juan, in Argentina, l’industria del vino svolge un ruolo importante per l’economia locale”, osserva lo studio. “Tuttavia, questo comparto incontra notevoli difficoltà nel ridurre la propria impronta di carbonio, caratterizzandosi per un’alta intensità energetica e dipendendo in grande misura da pratiche convenzionali che contribuiscono alle emissioni globali di CO2″. Ed è qui, osserva lo studio, che entrano in gioco le alghe.
La CO2 da fermentazione fa crescere le alghe
Lo studio esplora così le potenzialità di un sistema integrato che combina un fotobioreattore di microalghe con un fermentatore vinicolo per catturare la CO₂ prodotta e utilizzata dalle piante. I ricercatori hanno prima testato in laboratorio due specie di microalghe (Chlorella spp. e Desmodesmus spinosus), verificando la loro capacità di crescita. In seguito hanno installato un fotobioreattore nella cantina di un’azienda vinicola (la Casimiro Wines di San Juan) collegandolo a un fermentatore da 150 litri di mosto.
Ebbene: durante la fermentazione del mosto sono stati prodotti 7.840 g di CO₂ che sono stati quindi convogliati in due fotobioreattori. Alla fine dell’esperimento, durato 15 giorni, la crescita delle microalghe nei fotobioreattori ha raggiunto rispettivamente quota 1,04 e 1,07 grammi di biomassa per litro. I dati dimostrano che il sistema ha assorbito una parte significativa della CO₂ emessa trasformandola in massa microalgale.
Una valida soluzione circolare
Lo studio, insomma, dimostra come l’integrazione delle microalghe con la vinificazione possa contribuire a ridurre l’impatto ambientale del settore. Creando inoltre nuove opportunità per sfruttare il potenziale delle microalghe in diversi settori. “L’integrazione della coltivazione di microalghe e della vinificazione rappresenta una soluzione interessante per la sua capacità di trasformare le emissioni di CO₂ in preziosa biomassa, allineandosi ai principi dell’economia circolare”, affermano i ricercatori.
Inoltre, “questa biomassa può generare prodotti di alto valore come biofertilizzanti, pigmenti e integratori alimentari, diversificando i flussi di reddito delle aziende vinicole”. Che, adottando questa strategia, “possono ridurre significativamente la loro impronta di carbonio, migliorare la loro competitività nei mercati attenti alla sostenibilità e contribuire agli sforzi globali contro il cambiamento climatico”.

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Patrick Domke / ETH Zurich, per uso non commerciale
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