Proteggere le foreste pluviali riduce le malattie respiratorie
Lo studio: con il contrasto alle tecniche del “taglia e brucia” nelle foreste cala la concentrazione di particolato nell’aria e diminuisce il numero di ricoveri ospedalieri e di decessi
di Matteo Cavallito
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La protezione delle foreste pluviali contribuisce al miglioramento della salute delle persone che vivono nelle regioni che le ospitano. È il messaggio lanciato da uno studio che ha coinvolto l’Università di Bonn, in Germania, e l’Universidade Federal de Minas Gerais, in Brasile. Il contrasto alle pratiche del “taglia e brucia”, nel dettaglio, “ridurrebbe significativamente la concentrazione di particolato nell’aria”, sottolinea una nota. E, con essa, “anche il numero di ricoveri ospedalieri e di decessi dovuti a malattie respiratorie”.
Nel 2019, ricorda lo studio pubblicato sulla rivista Nature Communications, Earth & Environment, nella regione amazzonica sono stati bruciati quasi 70mila chilometri quadrati di foresta, un’area grande quanto la Baviera. Il fumo generato durante gli incendi, ricordano ancora gli studiosi, è un importante fattore scatenante di malattie respiratorie e cardiovascolari.
L’indagine sulla regione amazzonica
“La conversione delle foreste tropicali per l’agricoltura e altri usi del suolo è associata a rischi per la salute legati, ad esempio, all’inquinamento dell’aria e dell’acqua causato dagli incendi boschivi e dall’uso di prodotti agrochimici”, sottolinea lo studio. Tuttavia, “a partire dagli Anni 2000 sono state diverse le politiche di conservazione introdotte con l’obiettivo di ridurre la deforestazione nell’Amazzonia brasiliana”.
La ricerca prende in considerazione gli interventi realizzati dopo il 2006 a cominciare dalla cosiddetta Moratoria della soia che impegnava le società di trading globale a non acquistare più la materia prima coltivata in aree da poco deforestate.
Confrontando le aree soggette alla moratoria con le zone limitrofe, i ricercatori sono stati in grado di identificare gli effetti degli sforzi di protezione delle foreste sulla salute pubblica. Notando, soprattutto, il calo degli incendi e, di riflesso, degli altri fenomeni correlati.
Lo stop agli incendi nelle foreste salva 680 vite umane all’anno
La riduzione dell’incidenza delle fiamme, nota lo studio, ha determinato infatti minori concentrazioni nell’aria del particolato fine, ovvero del “principale vettore degli effetti nocivi per la salute dei fumi degli incendi”. Questo fenomeno “ha anche prodotto a una riduzione del tasso di ospedalizzazione e di mortalità per problemi di salute respiratoria unitamente ad altri benefici per la salute della popolazione locale”.
In considerazione di tutto questo, i ricercatori hanno quindi stimato che, grazie alla riduzione dell’inquinamento atmosferico, siano stati 680 circa i decessi evitati tra la popolazione residente.
Secondo Jan Börner, ricercatore dell’Università di Bonn e co-autore dello studio, sono due i messaggi che emergono dalla ricerca: “In primo luogo, che la distruzione della foresta pluviale può essere frenata con successo”, spiega. “E, in secondo luogo, che ciò va a beneficio non solo della diversità delle specie e del clima globale, ma anche, in modo molto specifico e tempestivo, della popolazione locale. Questo è un aspetto che tendiamo ancora a prendere troppo poco in considerazione quando valutiamo le misure di tutela ambientale”.
Il nesso tra suolo sano e biodiversità
La ricerca aggiunge nuove conoscenze sul tema del nesso tra la protezione dell’ambiente e la tutela della salute umana. Un aspetto, quest’ultimo, chiamato in causa già in passato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità che, in particolare, aveva sottolineato come “il ripristino degli ecosistemi possa contribuire significativamente a sostenere la salute e il benessere aiutando a controllare le malattie infettive, sostenendo la sicurezza alimentare e nutrizionale e contribuendo alla mitigazione e all’adattamento al clima”.
Il legame tra suolo e salute rappresenta un tema di crescente interesse. Sull’argomento era intervenuto in precedenza anche il World Economic Forum (WEF) evidenziando i rischi connessi alla perdita della biodiversità e, più nel dettaglio, alla diminuzione della varietà microbica del terreno.
“Il contatto con una gamma diversificata di microbi nel nostro ambiente è anche essenziale per rafforzare il nostro sistema immunitario” rilevava il WEF. “I microbi che si trovano in ambienti più vicini a quelli in cui ci siamo evoluti, come boschi e praterie, sono chiamati da alcuni microbiologi ‘vecchi amici’. Perché essi giocano un ruolo importante nell’educare il nostro sistema immunitario”.

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Patrick Domke / ETH Zurich, per uso non commerciale
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