Così le banche dati anticipano l’impatto del clima sugli ecosistemi
Pur in presenza di dati incompleti, alcuni modelli possono prevedere efficacemente l’impatto del clima sulla biodiversità e la diffusione delle specie vegetali in un’area
di Matteo Cavallito
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Il mutamento del clima impatta sullo sviluppo e sulla diffusione delle specie vegetali. Evidenziare come ciò avvenga e quali effetti concreti si manifesteranno, tuttavia, resta un’operazione complessa. In risposta a questo problema, un gruppo di ricercatori dell’Università di Córdoba, in Spagna, ha testato l’efficacia di alcune grandi banche dati sulla biodiversità compilate dai cittadini stessi. Questi database, spiegano gli autori una nota, sarebbero in grado di calibrare modelli di distribuzione congiunta delle specie, a condizione che sia stato registrato più del 50% delle specie presenti nell’area. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Ecography.
Un nuovo modello di previsione
“Anticipare gli effetti del cambiamento climatico sulla biodiversità è diventato un problema globale che richiede nuovi metodi”, rileva lo studio. “Alcuni approcci, come i modelli di distribuzione delle specie, presentano tuttavia dei limiti“. Per questa ragione i ricercatori di tutto il mondo tentano tuttora di sostituire i modelli matematici che tengono conto solo delle variabili ambientali (come il clima o il tipo di suolo) con sistemi alternativi che prendano in considerazione anche le relazioni tra le piante. Rientrano in questa categoria le tecniche “basate sulla distribuzione congiunta delle specie“.
Queste ultime, tuttavia, chiamano in causa “dati di comunità derivanti da indagini sistematiche“. I dati provenienti da raccolte non strutturate, in altre parole, potrebbero risultare non idonei a questo tipo di modelli.
Per scoprirlo, i ricercatori Diego Nieto e Daniel Romera, del gruppo di Biologia vegetale di base e applicata della stessa università spagnola, si sono concentrati proprio sui database non strutturati, quelli, cioè, contenenti dati individuali provenienti dalle osservazioni dei cittadini. Queste raccolte, spiegano, non considerano le relazioni tra le specie. Ma poiché contengono miliardi di singole informazioni potrebbero essere ugualmente utilizzate per calibrare i modelli.
Il 50% dei dati è sufficiente per restituire alcune previsioni accurate
A partire da database reali, come il Global Biodiversity Information Facility (GBIF), che contiene più di tre miliardi di unità di dati sulla biodiversità registrati tramite applicazioni come iNaturalist, i ricercatori hanno creato una banca dati artificiale per condurre l’esperimento valutando il corretto funzionamento del modello. Si tratta di informazioni che “imitano le limitazioni di tali compilazioni attraverso il sottocampionamento di matrici di co-occorrenza complete (cioè i dati originali)”, spiegano gli autori.
“Abbiamo analizzato”, proseguono, “in che modo la completezza delle banche dati non strutturate influisca sui modelli di distribuzione specifica per quanto riguarda 1) il ruolo delle variabili indipendenti sulla presenza delle specie, 2) la co-occorrenza residua (come proxy delle interazioni biotiche) e 3) le distribuzioni”.
Lavorando con i dati generati, gli scienziati hanno accertato la risposta del modello verificandone il possibile utilizzo con i singoli database esistenti. Dopo aver calibrato il modello simulando diversi livelli di registrazione (numero di specie riportate in percentuale sul totale presente in in un’area) hanno ottenuto una risposta. I modelli con il 50% di dati mancanti sono comunque “validi per stimare le nicchie e la distribuzione delle specie, mentre le matrici di interazione richiedono database con almeno il 75% di dati completi”, spiega lo studio.
Clima e biodiversità, due crisi legate tra loro
Secondo gli autori, la ricerca apre la strada alla possibilità di calibrare i modelli per avanzare previsioni sui mutamenti che investono la biodiversità sulla spinta del cambiamento climatico. Monitorando, in questo modo, l’efficacia dei piani di protezione delle diverse specie vegetali in atto considerando che le relazioni positive o negative tra queste ultime saranno decisive per prevedere la loro distribuzione futura.
Tra clima e biodiversità, peraltro, sussiste un legame particolarmente forte. Non è un caso, in questo senso, che numerosi osservatori abbiano iniziato da tempo ad assumere un approccio particolare nell’affrontare i problemi che investono queste due dimensioni. Alcuni, in particolare, definiscono ormai il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità come “crisi gemelle”. Che, allo stato attuale, impattano sul nostro stesso sistema economico che è tuttora fortemente dipendente dalla varietà delle specie.

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