Brasile, la desertificazione dimezza la funzionalità del terreno
Il calcolo è contenuto in una ricerca condotta da due università del Paese, che ha analizzato le aree degradate nel nord est del Brasile. Una conferma dell’impatto della desertificazione sulla capacità del suolo di sequestrare il carbonio
di Matteo Cavallito
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La desertificazione nella regione nordorientale del Caatinga, in Brasile, potrebbe ridurre di oltre il 50% la funzionalità complessiva del suolo. Un fenomeno destinato a limitare la capacità del terreno stesso di sostenere la crescita delle piante, promuovere il benessere umano e animale e sequestrare il carbonio. A suggerirlo uno studio pubblicato sulla rivista Applied Soil Ecology i cui contenuti sono stati ripresi dall’Agenzia FAPESP. La ricerca è stata condotta da scienziati dell’Università federale del Ceará (UFC) e dell’Università di San Paolo (USP).
La desertificazione accelera nelle terre aride del Brasile
“Le zone aride del Brasile stanno affrontando un’accelerazione della desertificazione del suolo a causa delle attività umane come, ad esempio, il pascolo eccessivo”, spiega lo studio. “Le pratiche di ripristino promettono di frenare l’inaridimento e, in ultima analisi, di aumentarne la funzionalità. Tuttavia, la comprensione dei cambiamenti della salute del terreno indotti dalla desertificazione e dal ripristino nel bioma del Caatinga resta poco chiara”. Lo studio si è basato su uno strumento noto come Soil Management Assessment Framework (SMAF) e utilizzato per valutare la salute del suolo.
Basato su calcoli eseguiti da algoritmi che collocano i risultati dei fattori analizzati su una scala da 0 a 100 – dove 100 è il valore maggiormente positivo – questo indicatore restituisce un risultato finale che esprime l’indice di salute del suolo.
Tre gli aspetti esaminati: lo stato della vegetazione nativa, quello del suolo degradato dal pascolo eccessivo e la condizione del terreno ripristinato dopo l’esclusione del pascolo stesso. I ricercatori hanno anche studiato gli indicatori chimici, fisici e biologici oltre al carbonio della biomassa microbica e all’attività enzimatica.
Il pascolo impatta sulla salute del suolo
Gli scienziati hanno quindi analizzato 54 campioni di suolo prelevati durante le stagioni secca e piovosa in tre diverse aree presso Irauçuba. Una zona collocata nella parte settentrionale dello Stato del Ceará, in Brasile. Qui si possono osservare tre tipi di vegetazione: autoctona, degradata e ripristinata. La riduzione di oltre il 50% della funzionalità del suolo è stata calcolata attraverso varie analisi nelle aree degradate. Da un punto di vista fisico, il suolo era molto compromesso, soprattutto a causa della compattazione provocata dal calpestio degli animali. Un fenomeno che accelera il processo di erosione.
“In breve, il pascolo eccessivo ha ridotto (a 0,44 e 0,47 nelle stagioni piovose e secche rispettivamente) l’indice di salute del suolo nel confronto con la vegetazione autoctona (0,72 nelle stagioni piovose e 0,82 in quelle secche)”, spiega lo studio.
Inoltre, “La densità del suolo e il rapporto di adsorbimento del sodio sono gli indicatori che presentano una maggiore correlazione negativa con la salute del suolo, soprattutto nei terreni degradati dall’eccesso di pascolo”. Contemporaneamente, “il carbonio organico del suolo, quello della biomassa microbica e l’attività della beta-glucosidasi (esercitata dagli enzimi, ndr) sono invece correlati alla salute nei terreni con vegetazione autoctona e in quelli esclusi dal pascolo”.
Ma il ripristino funziona
Particolarmente interessante il quadro emerso dall’osservazione delle aree soggette a ripristino. Si tratta, spiega la FAPESP, di campi che erano stati completamente recintati più di due decenni fa per impedire l’attività umana e il movimento degli animali. In queste zone non è stata piantata alcuna specie vegetale proprio per valutare, nel tempo, l’andamento del processo di rigenerazione naturale senza alcuna interferenza.
“Abbiamo scoperto che impedendo l’attività umana è stato possibile ottenere nelle aree ripristinate indici fisici, chimici e biologici vicini quelli associati alla loro composizione originale”, ha spiegato Arthur Pereira, professore dell’Università federale del Ceará e coordinatore dello studio. “Questo significa”, aggiunge, “che nel corso di due decenni è stato possibile ripristinare la salute del suolo, un fatto che potrebbe essere promettente anche per il sequestro di carbonio, dato che queste aree presentavano per questo elemento livelli più elevati di stoccaggio”.

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