Dove sono le foreste che assorbono più CO2? In Africa
Un paper pubblicato su Nature sfata un mito: le foreste africane sono addirittura più importanti di quelle amazzoniche per la quantità di anidride carbonica assorbita. Il segreto è nell’aridità, che rallenta la decomposizione della biomassa
di Emanuele Isonio
Quando pensiamo al “polmone verde” del Pianeta, la mente va subito all’Amazzonia e alle sue foreste. Ma in realtà il principale serbatoio di anidride carbonica è collocato altrove. A migliaia di km di distanza dall’altra parte dell’Oceano Atlantico. Sono infatti le foreste africane a meritare questo primato: a far luce su un ruolo finora sottovalutato, almeno a livello di opinione pubblica internazionale, è un paper – “Contrasting carbon cycle along tropical forest aridity gradients in West Africa and Amazonia” – pubblicato su Nature Communications. Grazie ad esso, per la prima volta, le foreste tropicali dell’Africa Occidentale, in particolare quelle del Ghana, sono state studiate per la loro capacità di assorbire carbonio.
A condurre la ricerca è stato un team internazionale composto da 25 scienziati di diversi Stati e continenti. Tra loro l’italiano Riccardo Valentini, del CMCC, Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici. La scoperta del ruolo preminente delle foreste africane nell’assorbimento della CO2 assume un valore particolare perché offre loro il corretto collocamento nel ciclo globale del carbonio e apre la strada a una maggiore consapevolezza sull’importanza di sviluppare efficaci strumenti di tutela contro cambi d’uso del suolo e deforestazione, al pari di quanto da decenni si cerca di fare per l’Amazzonia.
Il fattore aridità
Ma perché la capacità di catturare il carbonio è maggiore nelle foreste africane che altrove? Lo studio suggerisce che la loro superiore efficienza potrebbe essere legata all’aridità. Quest’ultima infatti rallenta il processo di decomposizione della biomassa, consentendo al carbonio di rimanere maggiormente immagazzinato nella foresta. Inoltre, la natura semi-decidua di queste foreste (fatte di alberi che perdono stagionalmente alcune, ma non tutte, le foglie), spesso presenti nelle zone di transizione tra savana e aree tropicali, aumenta la loro capacità di fissazione del carbonio. Questi fattori insieme rendono le foreste africane un pozzo di carbonio più efficace rispetto ai loro omologhi sudamericani.

Gradienti di aridità dell’Amazzonia (A) e dell’Africa occidentale (B). La scala di colori illustra la precipitazione media annuale. Ogni punto rosso indica un sito. Ogni sito contiene più appezzamenti di un ettaro. FONTE: Zhang-Zheng, H., Adu-Bredu, S., Duah-Gyamfi, A. et al. Contrasting carbon cycle along tropical forest aridity gradients in West Africa and Amazonia. Nat Commun 15, 3158 (2024).
Il valore delle misurazioni biometriche
Storicamente, c’è stata una mancanza di misurazioni biometriche per comprendere la capacità di assorbimento del carbonio delle foreste africane. Questa ricerca è stata facilitata da una vasta raccolta di dati avvenuta nel corso di diversi anni in 14 aree forestali lungo un gradiente delle foreste africane. L’iniziativa faceva parte di un progetto finanziato da un Advanced Grant ERC, coordinata proprio dal CMCC, che includeva la costruzione di una torre di misurazione nella foresta tropicale africana.
“Il CMCC ha svolto un ruolo pionieristico in questa ricerca, essendo uno dei primi a condurre tali misurazioni nelle foreste tropicali africane”, spiega Valentini. “Questa legacy di raccolta e analisi dei dati ha portato alla pubblicazione di questo significativo articolo, che mette le foreste africane al centro della discussione sul ciclo del carbonio“.
Anche la deforestazione è una questione critica per le foreste africane, in modo simile a quanto avviene nella foresta amazzonica. Sebbene il problema sia emerso prima in Amazzonia a causa della rapida crescita economica e urbanizzazione in Brasile, anche l’Africa sta ora sperimentando alti tassi di deforestazione, causata principalmente dal land grabbing legato alla necessità di terreni agricoli, esacerbato dalle pressioni demografiche e dai bisogni economici.
Deforestazione, in Africa corre più che altrove
I dati, benché meno noti rispetto a quelli dell’Amazzonia, sono decisamente preoccupanti. Nel 2020 il Global forest resources assessment, rapporto condotto dalla FAO ogni cinque anni per riferire sullo stato e sulle tendenze delle risorse forestali mondiali, evidenziava che il continente africano ha registrato il più alto tasso annuale di perdita netta di foreste, nel decennio 2010-2020: 3,9 milioni di ettari all’anno. Nello stesso periodo, in Sudamerica il tasso di perdita forestale è stato di 2,6 milioni di ettari.

Variazione netta di copertura forestale, per decade e per macroregione. FONTE: FAO, Global forest resources assessment, 2022.
Una situazione sostanzialmente confermata anche dai dati dell’Università del Maryland, relativi all’anno 2022, disponibili sulla piattaforma Global Forest Watch del World Resources Institute: il 96% della deforestazione si concentra sulle foreste primarie tropicali. L’Africa ha perso circa 3,6 milioni di ettari di copertura arborea, tra cui circa 800mila ettari di foreste tropicali primarie o di vecchia crescita. L’Amazzonia brasiliana ne ha persi invece 1,8 milioni.
In cima alla lista degli Stati africani responsabili della maggiore deforestazione c’è la Repubblica democratica del Congo che ospita parte della vasta area forestale primaria del Bacino del Congo. Il Paese ha perso oltre mezzo milione di ettari nel 2022 in un trend distruttivo in costante aumento negli ultimi anni.

Hot spot emergenti di perdita di foresta primaria 2022-2023. I nuovi hot spot rappresentano nuovi modelli di perdita statisticamente significativa nel 2023. FONTE: Global Forest Watch
Un fenomeno che sta attirando l’attenzione globale anche perché è connesso con enormi sfide ambientali, sociali ed economiche che attraversano il continente africano. “Tutto ciò – conclude Valentini – si inserisce nel contesto della discussione globale sul cambiamento climatico che vede l’Africa al centro della ricerca, degli impatti e delle discussioni politiche“.

GRID-Arendal
Patrick Domke / ETH Zurich, per uso non commerciale
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