3 Settembre 2025

Uno studio cinese ha quantificato 20 anni di sequestro di carbonio nelle zone umide del Pianeta

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Una ricerca dell’Accademia delle Scienze di Pechino rivela come le zone umide abbiano sequestrato in media un miliardo di tonnellate di carbonio all’anno nei primi due decenni del secolo. Il 70% del fenomeno avviene nelle zone tropicali

di Matteo Cavallito

Le zone umide, dicono le stime, occupano appena il 6% della superficie terrestre ma sequestrano, al tempo stesso, oltre il 30% del carbonio presente nel suolo globale. Le difficoltà di rilevazione delle dinamiche di questo fenomeno, tuttavia, rendono particolarmente complesse le valutazioni quantitative sul loro contributo con ovvie ricadute nella formulazione delle strategie di tutela di questi ambienti nel quadro della mitigazione climatica.

A fornire una possibile risposta a questo problema ci ha pensato un recente uno studio cinese. Che, utilizzando una nuova banca dati globale dinamica dei livelli idrici di questi ecosistemi, ha provato a valutare le dinamiche spazio-temporali del sequestro di carbonio dal 2000 al 2020.

Vent’anni di osservazioni

“Il serbatoio terrestre di carbonio sta crescendo da tempo, tuttavia il suo recente rallentamento solleva preoccupazioni riguardo all’accelerazione del cambiamento climatico” si legge nella ricerca pubblicata sulla rivista Nature Ecology & Evolution. “La nostra ipotesi è che le variazioni nel sequestro di carbonio delle zone umide svolgano un ruolo chiave in questo cambiamento. Nella ricerca abbiamo mappato i livelli idrici annuali delle zone umide globali dal 2000 al 2020 utilizzando 2.295 misurazioni sul campo”.

In questo modo, gli autori hanno potuto valutare “il modello spazio-temporale della produzione netta di ecosistema (NEP) in relazione ad altri fattori ambientali”.

I ricercatori hanno compilato 934 osservazioni in situ provenienti da 258 pubblicazioni peer-reviewed e dal database globale FLUXNET per stimare una produzione netta media degli ecosistemi (NEP) delle zone umide a livello globale. L’analisi ha integrato le informazioni con altri dati ambientali e modelli di apprendimento automatico basati sull’intelligenza artificiale.

Le zone umide tropicali contribuiscono al 70% del sequestro

A conti fatti, i ricercatori guidati da Ding Weixin, docente dell’Istituto di Scienze del Suolo dell’Accademia Cinese delle Scienze, hanno stimato un sequestro medio annuo globale di carbonio nelle zone umide pari a un miliardo di tonnellate di carbonio nel periodo 2000-20. Il fenomeno è concentrato in Sud America, Asia e Africa che, da sole, contribuiscono al 79% del sequestro totale globale. Nel mondo, il contributo delle zone umide situate nelle aree tropicali, è pari invece al 70% dell’ammontare complessivo.

Lo studio ha inoltre rivelato che il sequestro globale di carbonio nelle zone umide è rimasto sostanzialmente stabile nell’arco dei due decenni, con una riduzione del fenomeno in Sud America compensata, però, da un incremento in Africa, Nord America, Asia ed Europa.

I cambiamenti idrologici, notano ancora i ricercatori, sono il principale fattore che determina l’aumento della variabilità regionale del sequestro di carbonio nelle zone umide. Al tempo stesso, aggiungono, “L’intensificarsi degli estremi idrologici dovuti ai cambiamenti climatici potrebbe compromettere la resilienza dei serbatoi di carbonio delle zone umide e i servizi ecosistemici che essi supportano”.

Ma la crescita dei serbatoi di carbonio sta diminuendo

Lo studio, infine, ha riscontrato una diminuzione dei tassi di crescita dei pozzi di carbonio terrestri nel lungo periodo. L’incremento di questi ultimi, infatti, si è ridotto passando dai 75 miliardi di tonnellate di carbonio all’anno registrati in media tra il 1980 e il 1999 ai 37 miliardi annuali registrati nel periodo 2000–2020.

“Questi risultati offrono una nuova prospettiva cruciale: il rallentamento del sequestro di carbonio nelle zone umide ha contribuito in modo significativo a frenare l’aumento del pozzo di carbonio terrestre globale negli ultimi decenni”, spiegano in una nota i ricercatori. Lo studio, aggiungono, fornisce quindi nuovi dati utili per i rapporti di valutazione globale del carbonio, a cominciare da quelli del Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC), nell’ambito degli sforzi di contrasto al riscaldamento globale.