Olimpiadi del futuro, il clima mette molte città fuori dai… Giochi
Nei prossimi decenni, il riscaldamento globale impedirà a molte metropoli di poter ospitare le Olimpiadi. L’analisi è stata realizzata dalla CNN su dati Carbonplan. Del gruppo fanno parte diverse città che hanno già ospitato i Giochi. Inclusa Roma
di Emanuele Isonio
Niente più Olimpiadi di Pechino, bye bye anche ai Giochi olimpici di Atlanta, Barcellona, Tokyo, Seul, Atene e Roma. Tutte le città elencate hanno già ospitato in passato una o più edizione della massima rassegna sportiva mondiale. Ma in futuro, più precisamente entro il 2050, non potranno più farlo. Il motivo non è ovviamente l’appetibilità culturale o storica delle diverse destinazioni. È invece strettamente correlata al riscaldamento globale. Tutte infatti supereranno la soglia del caldo umido ritenuta pericolosa per lo svolgimento delle gare nel periodo estivo.
L’analisi è stata sviluppata dalla CNN sulla base dei dati forniti dal gruppo no-profit CarbonPlan, specializzato in scienze del clima.
Il caldo estremo è una minaccia crescente per gli atleti professionisti. Non a caso i colpi di calore stanno aumentando e riguardano anche gli spettatori, soprattutto se arrivati da luoghi con climi più freddi.
Il tasso di caldo umido
Gli esperti raccomandano di annullare gli eventi sportivi in caso il tasso del caldo umido superi una certa soglia. Per misurarla si usa uno strumento detto psicrometro, che viene rotato manualmente per investirlo da un flusso di aria. A partire dal valore della temperatura di bulbo umido (WBGT, WetBulb Globe Temperature) si ricava l’umidità assoluta di un ambiente.
La misurazione è di particolare importanza sanitaria: è stato infatti stimato che una temperatura di bulbo umido di 35 gradi protratta per una durata di 6 ore porti al decesso anche individui in perfetta salute.

Lo psicrometro per la misurazione della temperatura di bulbo umido (in alto) e della temperatura di bulbo secco (in basso). L’apparecchio viene investito da un flusso di aria dovuto alla rotazione manuale dell’apparecchio (si vede a destra il manico per impugnare l’apparecchio). FOTO: CambridgeBayWeather – public domain
L’esperienza di Tokyo 2021
“Il colpo da calore da sforzo è la forma più grave di malattia da calore. Quando si verifica, dobbiamo assicurarci che la persona venga curata subito, idealmente entro 30 minuti dal collasso” ha spiegato alla CNN Yuri Hosokawa, professore associato di Scienze dello sport presso la Waseda University in Giappone. Fu lui che organizzò il piano di contrasto al calore durante le Olimpiadi di Tokyo. Un’accortezza decisamente opportuna visto che l’1% degli atleti ha sofferto di malattie legate al calore. Si decise quindi di immergere in bagni di ghiaccio le persone colpite da colpi di calore, per abbassare la temperatura corporea e contrastare la loro temporanea incapacità di termoregolare.
Proprio Hosokawa è uno dei tanti esperti che chiedono alle comunità sportive di tutto il mondo di cambiare il modo in cui vengono programmati gli sport. “Amo lo sport e la cultura sportiva. Ma se non vogliamo annullare gli eventi sportivi, dobbiamo pensare seriamente a cambiamenti nelle regole e nella loro programmazione”.
La soglia da non superare
Per quanto riguarda gli eventi sportivi, la soglia oltre la quale non si devono tenere le gare è fissata a poco meno di 28 gradi di temperatura WBGT. Sulla base di tale dato, sarebbero escluse ampie aree del mondo, anche in territori prima considerati temperati, dagli Stati meridionali degli USA fino alla fascia orientale del Sud-est asiatico, passando anche per i Paesi mediterranei. “Al contrario – spiega la CNN citando gli esperti Carbonplan – potrebbero diventare più attraenti le città dell’Europa nord-occidentale come Londra, Oslo, Stoccolma e le città sudamericane ad alta quota”.
Negli altri casi, non rimarrebbe che rimodulare le tempistiche dei Giochi olimpici estivi in modo da non farli coincidere con il picco di calore. Il che non sarebbe una prima assoluta: Sydney, città caratterizzata da un caldo soffocante in piena estate, ospitò le Olimpiadi del 2000 fra settembre e ottobre. Rio de Janeiro li ha ospitati ad agosto nel 2016 ma solo perché in quel periodo nell’emisfero australe è inverno e le temperature raggiungono in media i 21 gradi.
Al sicuro i Giochi 2028 e 2032. Ma nel 2036…
Per quanto riguarda le prossime due edizioni delle Olimpiadi non ci saranno problemi. Nel 2028 si terranno a Los Angeles, la cui temperatura è piacevolmente ridotta dai venti dell’Oceano Pacifico. Quattro anni più tardi saranno a Brisbane, nell’Australia settentrionale. La città d’estate è estremamente calda. Ma a luglio, quando sono previsti i Giochi, la temperatura sarà di poco superiore ai 10°C.
I discorsi cambiano già per le Olimpiadi 2036, per le quali la scelta non è stata ancora fatta. Al momento, sono sei le candidature ufficiali: Ahmedabad in India, Nusantara in Indonesia, Doha in Qatar, Istanbul in Turchia, Varsavia in Polonia e Santiago in Cile. Del gruppo, stando ai dati di Carbonplan, solo quest’ultima sarebbe al di sotto della soglia di rischio anche nelle settimane più calde d’estate. Ahmedabad e Doha sarebbero ben oltre il limite nei mesi estivi e potrebbero potenzialmente candidarsi solo nei mesi più freschi dell’anno.
“Il caldo potrebbe effettivamente rappresentare un rischio significativo per molti dei Paesi che si candidano per le Olimpiadi 2036” ha confermato Oriana Chegwidden, climatologa di CarbonPlan, secondo la quale, se fossero scelte come sede ospitante, dovrebbero prevedere azioni di mitigazione: ad esempio fissare l’evento prima o dopo il picco di calore estivo. Oppure organizzando gli eventi di notte o al mattino presto, magari in aree lontane dal centro cittadino, soprattutto in presenza di città ampiamente cementificate e quindi più soggette a isole di calore.
Qualcosa di simile è stato già fatto a Tokyo: quando fu chiaro che la capitale giapponese sarebbe stata colpita da un’ondata di calore estremo a causa del gran numero di grattacieli, gli organizzatori spostarono la maratona e le gare di marcia a Sapporo, città più fresca e più vicine ai monti.

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Patrick Domke / ETH Zurich, per uso non commerciale
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