15 Settembre 2025

Agricoltura Nuova: da cinquant’anni un’altra produzione è possibile

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Fondata nel 1977 per contrastare il consumo di suolo e la speculazione, la cooperativa romana, riconosciuta come “azienda faro”, è oggi un punto di riferimento per l’agricoltura biologica e le buone pratiche di gestione del terreno

di Matteo Cavallito

Cinque decenni di storia, mezzo secolo sul fronte dell’alternativa, a sostegno di una proposta diversa nel metodo e nella missione. È la traiettoria di Agricoltura Nuova, eccellenza del bio italiano attiva alle porte di Roma, luogo simbolo di resistenza e rilancio in anticipo sui tempi. Accadeva nel 1977, tra tensione, contrasti e lotte sociali. Il settore primario fatica, la disoccupazione cresce, la speculazione edilizia guarda al suolo. E allora…

“La nostra cooperativa è nata per impedire l’edificazione di un grande comprensorio anticipando in qualche modo il contrasto al consumo di terreno”, racconta oggi il suo presidente Carlo Patacconi. In seguito, aggiunge, “abbiamo imparato a coltivare i campi, a fare agricoltura”. Un percorso lungo e ricco di soddisfazioni. Ma anche di cambiamenti.

Un’agricoltura diversa

Per i fondatori – un gruppo di giovani disoccupati, braccianti e contadini – gli obiettivi primari erano chiari: creare occupazione nel settore agricolo e proteggere un’area naturale dal cemento. Nel tempo i traguardi fissati vengono raggiunti, con il consolidamento della produzione, la definitiva concessione dei terreni coltivati e la tutela del territorio grazie all’inserimento nella variante di “salvaguardia” e alla perimetrazione dei circa 6mila ettari del parco regionale di Decima Malafede. La cooperativa, intanto, si sviluppa ed estende la sua produzione.

Con la scelta di abbandonare i canali dei grossisti dei mercati generali e della grande distribuzione a favore della vendita diretta ed esclusiva ai consumatori, infatti, l’offerta – inizialmente limitata a cereali e verdura – si amplia includendo anche latte e latticini, prodotti di apicoltura, frutta, uova, vino e carni (agnello, vitello, e maiale). A cambiare, inoltre, è il metodo di produzione: sono gli anni ’80 quando l’azienda inizia a guardare al nascente movimento del biologico mentre per le campagne, per dirla con il presidente, qualche produttore inizia a raccontare che “un’altra agricoltura è possibile”.

Biologico e dintorni

La conversione delle coltivazioni e degli allevamenti al nuovo metodo avviene nel decennio successivo segnato, in particolare, dall’adesione della Cooperativa all’Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica (AIAB). Nel 2010 entra in scena anche la produzione biodinamica che stimola un approccio nuovo nella gestione equilibrata del suolo. La cooperativa realizza così il suo impianto di compostaggio la cui operatività cresce nel tempo fino a raggiungere le 30mila tonnellate all’anno di frazione organica raccolta nella città e costituita prevalentemente da sfalci e potature.

Una risorsa fondamentale, ricorda Patacconi, per dare fertilità al suolo favorendone, contemporaneamente, una maggiore lavorabilità.

“In passato facevamo i conti con un’aratura molto pesante, zollosa, particolarmente complessa da raffinare”, spiega. “Oggi abbiamo a che fare con un terreno soffice, capace di assorbire molto bene l’acqua durante la pioggia così da essere lavorato in seguito già dopo pochissimo tempo”.

“Sentirsi parte della stessa visione”

Attiva con due sedi nel territorio capitolino a Valle di Perna e Castel di Leva, Agricoltura Nuova è una delle sedici Lighthouse Farms individuate da Re Soil Foundation come aziende faro capaci di distinguersi per il valore delle buone pratiche agronomiche e il carattere innovativo delle strategie applicate alla gestione dei terreni e delle risorse naturali. Un riconoscimento al valore e all’impegno di una cooperativa impegnata non solo nella produzione sostenibile e nella ristorazione ma anche in attività di divulgazione, educazione, riabilitazione e reinserimento sociale con una fattoria didattica e un circolo dedicato all’ippoterapia.

“Siamo un modello? Non lo so, ma mi fa piacere scoprire che in giro per l’Italia si trovano tante persone che hanno fatto un percorso simile al nostro”, conclude Patacconi. “Siamo felici di far parte di un sistema con una visione che ci accomuna e ci permette di scambiare opinioni, metodi e soluzioni guardando a cosa fanno gli altri. E questa per noi è la cosa più importante”.