La diversificazione delle colture aiuta l’azoto (ma non il carbonio)
Studio Iowa University: diversificare le rotazioni non favorisce l’accumulo di carbonio ma fa crescere la disponibilità di azoto con un impatto positivo sul suolo e sul clima
di Matteo Cavallito
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L’impiego di rotazioni agricole più lunghe e diversificate e l’uso del letame come fertilizzante naturale determinano numerosi benefici ambientali ma non favoriscono il sequestro del carbonio. Ad affermarlo i ricercatori della Iowa State University che, in uno studio pubblicato su Nature Sustainability, mettono in discussione alcune convinzioni consolidate con potenziali ripercussioni su alcune iniziative di mitigazione climatica legate ai mercati del carbonio.
La ricerca si basa sui dati raccolti in un esperimento tuttora in corso presso un campo gestito dalla stessa università nel quale, dal 2001, una rotazione tradizionale di mais e soia a due anni viene messa a confronto con altri sistemi di alternanza a tre e quattro anni che includono erba medica, trifoglio e avena.
Il carbonio non aumenta
“I sistemi colturali diversificati offrono la possibilità di mitigare gli impatti ambientali dell’agricoltura convenzionale, ma gli effetti sul sequestro del carbonio organico nel suolo e sulle dinamiche dell’azoto sono tuttora oggetto di discussione”, spiega lo studio. Gli autori, nell’occasione, hanno avviato l’indagine a partire dall’esperimento sul campo effettuando misure di laboratorio con tre modelli meccanici basati su isotopi stabili per esaminare le scorte di carbonio organico e la decomposizione. Nel farlo hanno confrontato tre sistemi distinti: uno convenzionale, con rotazione di di mais e soia, e due più diversificati che includono anche piccoli cereali e legumi e sono soggetti ad apporti di letame.
“Contrariamente all’ipotesi prevalente che i sistemi diversificati facciano crescere il carbonio organico del suolo, non abbiamo riscontrato differenze negli stock dell’elemento”, spiegano.
Al tempo stesso, “I sistemi diversificati hanno fatto aumentare notevolmente i tassi di mineralizzazione dell’azoto e la decomposizione del carbonio organico più vecchio derivante da precedenti apporti di mais”, prosegue la ricerca. “I modelli hanno rivelato che la crescita di tale decomposizione, con tempi di permanenza da mesi ad anni, ha contrastato l’aumento degli apporti dell’elemento ma ha fatto crescere l’approvvigionamento di azoto”. Un aspetto, quest’ultimo, tutt’altro che irrilevante.
Il ruolo dei microbi
Ad assumere un ruolo decisivo, ancora una volta, sono i microbi. La maggiore varietà di colture e l’aggiunta di letame, infatti, fanno crescere l’apporto di carbonio. L’introduzione di più materia organica nel suolo, tuttavia, stimola proprio l’attività microbica che, da parte sua, accelera la decomposizione e provoca un incremento delle emissioni di CO2 controbilanciando il maggiore sequestro dell’elemento.
Un aspetto importante, ricordano gli studiosi, è costituito dal nuovo metodo di indagine impiegato che aiuterebbe a prevedere meglio la variazione della presenza dell’elemento nel terreno. “Gli isotopi migliorano la nostra comprensione circa i tempi di permanenza del carbonio nel suolo”, ha spiegato Steven Hall, uno degli autori dello studio, in una nota. “In un certo senso, è come se potessimo chiedere ai microbi del suolo cosa hanno mangiato a cena”.
Ma la rotazione resta una valida strategia
La diversificazione delle rotazioni, in ogni caso, può avere comunque un impatto positivo sul clima. Nei suoli caratterizzati da rotazioni più diversificate, infatti, l’azoto organico viene convertito nella sua forma inorganica a una velocità fino al 70% superiore nel confronto con gli altri terreni.
Le scoperte, insomma, evidenziano l’esistenza di un equilibrio critico tra l’accumulo di carbonio e l’apporto di azoto, “dimostrando come i principali benefici per il clima possano derivare dalla diminuzione dell’uso di fertilizzanti azotati e non da un maggiore sequestro di carbonio organico nel suolo”.
L’aumento della disponibilità di azoto nei sistemi di coltivazione diversificati, in altre parole, consente di utilizzare il letame in parziale sostituzione del fertilizzante sintetico. In questo modo si riducono le emissioni dei composti azotati (che sono notoriamente presenti nella maggior parte dei prodotti chimici) in una misura significativa. “Di fatto, i livelli di carbonio nel suolo non sono cambiati nello spazio di 20 anni”, ha spiegato la co-autrice Wenjuan Huang, professoressa di ecologia, evoluzione e biologia degli organismi. Tuttavia, “queste pratiche di gestione rigenerativa sono state comunque preziose in altri modi”.

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