Corrado (PD): “Direttiva Suolo in equilibrio tra ambizione e concretezza”
La relatrice ombra del gruppo S&D (Socialisti e Democratici) sulla nuova direttiva approvata dall’Europarlamento: “è una legge di partenza, che valorizza conoscenze ed esperienze virtuose dei territori”
di Emanuele Isonio
“L’approvazione della nuova direttiva è un messaggio forte in una fase politica in cui il tema della sostenibilità è troppo spesso sotto attacco. Un risultato che considero storico e incoraggiante, non solo per chi lavora sui temi ambientali, ma per tutta l’Europa”. Tende decisamente a guardare il bicchiere mezzo pieno Annalisa Corrado, europarlamentare del gruppo Socialista & Democratico del Parlamento europeo nella valutazione sulla Soil Monitoring Law. Una posizione ribadita anche in occasione del suo intervento alla quarta edizione degli Stati generali del Suolo organizzati da Re Soil Foundation alla Fiera Ecomondo di Rimini.
Onorevole Corrado, lei come “relatrice ombra” del suo gruppo parlamentare, ha seguito da vicino le diverse fasi che hanno portato all’approvazione della direttiva per il monitoraggio del suolo. Perché ritiene giusto dare un giudizio positivo sul testo varato definitivamente dall’Europarlamento nelle settimane scorse?
Perché, per la prima volta, l’Unione si dota di una legge che riconosce il suolo come una risorsa viva, limitata e preziosa, da proteggere al pari dell’acqua e dell’aria. Il testo approvato è frutto di un lavoro lungo e complesso, ma alla fine ha trovato un equilibrio tra ambizione e concretezza: un quadro comune per conoscere davvero lo stato dei nostri terreni, capire dove intervenire e fornire agli Stati strumenti e sostegno per farlo. È una legge che parla di cibo sano, di acqua pulita, di comunità più sicure e resilienti.
Avere suoli in salute è essenziale per assorbire meglio le precipitazioni estreme, trattenere acqua nei periodi di siccità e sostenere una produzione agricola di qualità.
Qual è stata, se c’è stata, la svolta decisiva che ha portato all’accordo?
La svolta è arrivata quando, dopo mesi di blocchi e diffidenze, si è accettato di mettere l’accento su conoscenza e monitoraggio. Non si tratta di imporre nuovi obblighi astratti, ma di creare le basi scientifiche e operative per gestire i suoli in modo sostenibile. Da quel momento il negoziato si è sbloccato: gli Stati membri hanno capito che senza dati affidabili e comparabili, non si può né intervenire né pianificare politiche efficaci. E così è stato possibile costruire un compromesso solido, fondato sulla trasparenza, la cooperazione e la gradualità.
Il relatore Martin Hojsík ha parlato di una direttiva “costruita dal basso”, basata sulla sussidiarietà. Cosa significa?
Significa che non è una norma calata dall’alto, ma un sistema comune che valorizza le competenze e le esperienze dei territori. Ogni Stato potrà organizzare i propri distretti del suolo, utilizzare le proprie reti di monitoraggio e fissare valori-obiettivo sulla base delle specificità locali, all’interno però di un quadro europeo coerente e condiviso. È un approccio pragmatico, che mette in rete ciò che già funziona e garantisce una visione d’insieme per tutta l’Unione. È anche un modo per restituire fiducia alla scienza e alla partecipazione, coinvolgendo agricoltori, enti locali, ricercatori e cittadini.

L’obiettivo generale della direttiva per il monitoraggio del suolo è di riportare in salute i suoli europei entro metà secolo. FONTE: Commissione Europea
In che modo e in che misura la Soil Law interverrà per raggiungere suoli sani entro il 2050?
La direttiva mette in campo una strategia in tre tempi. Primo: costruire un sistema di monitoraggio affidabile per conoscere lo stato reale dei suoli e individuare in via prioritaria i siti contaminati, anche rispetto a contaminanti emergenti come pesticidi, PFAS, micro e nanoplastiche. Secondo: promuovere azioni di prevenzione e rigenerazione, contrastando il consumo di suolo e incentivando la bonifica dei siti contaminati. Terzo: accompagnare la transizione con formazione, consulenza e sostegno economico per chi gestisce i terreni. Suoli sani significano anche maggiore capacità di trattenere carbonio e acqua, riducendo l’impatto di alluvioni, siccità ed erosione. L’obiettivo di lungo periodo — suoli sani in tutta l’UE entro il 2050 — sarà supportato da revisioni periodiche: la prima tra sette anni, quando avremo una fotografia completa e comparabile della situazione europea, base per un futuro quadro legislativo operativo con strumenti e risorse concrete.
Il JRC parla di un dato allarmante: il 61% dei suoli europei è in stato “malsano”. La Soil Law è abbastanza ambiziosa per invertire la rotta?
Io e il mio gruppo politico avremmo voluto un’accelerazione più decisa, adeguata alla gravità dei dati.
Ma il risultato va letto nella giusta chiave: non è una legge “di fine corsa”, è una legge di partenza. Non possiamo curare ciò che non conosciamo.
Questa direttiva crea la base scientifica e politica per una strategia europea di rigenerazione del suolo, che è anche una strategia di adattamento climatico. Serviranno continuità, risorse e soprattutto la volontà politica di attuare ciò che ora diventa possibile. Il messaggio è chiaro: non c’è transizione ecologica, né sicurezza climatica, senza suoli sani.
Molto dipenderà dal recepimento nazionale. Cosa si aspetta dall’Italia? E da un’Europa sempre più a trazione conservatrice?
Mi aspetto che l’Italia sappia valorizzare la sua esperienza: abbiamo le competenze scientifiche e tecniche di ISPRA e delle agenzie ambientali regionali, ma dobbiamo colmare il ritardo sul fronte della pianificazione e del contenimento del consumo di suolo. La direttiva può essere l’occasione per mettere in coerenza monitoraggio e azione, collegando i dati alla programmazione territoriale e alla prevenzione dei disastri climatici. E può sostenere politiche agricole che tutelano la fertilità dei terreni e la qualità della produzione. A livello europeo, mi auguro che anche chi guarda con diffidenza alle politiche ambientali riconosca che suoli sani significano cibo, acqua, sicurezza e lavoro: sono il fondamento stesso della resilienza e della prosperità delle nostre comunità.

Suolo consumato pro capite a livello nazionale per anno. Fonte: Elaborazione ISPRA su cartografia SNPA (2025)
L’Italia è “prima della classe” nel monitoraggio, ma “cenerentola” nella cementificazione. Non è un paradosso?
È un paradosso, ma anche una sfida. Siamo tra i Paesi più avanzati nella conoscenza del suolo, ma tra quelli che più velocemente lo consumano. Questo divario dimostra che sapere non basta, se non si traduce in politiche coerenti. La Soil Law ci aiuta proprio in questo: a trasformare la conoscenza in azione, a fare in modo che i dati non restino nei cassetti ma guidino scelte urbanistiche, agricole e ambientali. E ci ricorda che la tutela del suolo è una battaglia per la salute pubblica, la sicurezza e la qualità della vita di tutti — perché da suoli sani dipendono la fertilità delle campagne, la tenuta dei territori e la capacità di reagire alle crisi climatiche che stiamo già vivendo

© Mathieu CUGNOT - European Union 2025
Patrick Domke / ETH Zurich, per uso non commerciale
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