31 Ottobre 2025

Dalla Cina un nuovo indicatore per valutare la stabilità del carbonio nel suolo

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Una ricerca dell’Accademia delle Scienze di Pechino ha definito un quadro di riferimento inedito per valutare la pompa microbica del carbonio nel suolo. Distinguendo tra l’elemento organico stabile da un lato e quello più facilmente portato alla decomposizione dall’altro

di Matteo Cavallito

L’attività di sequestro di carbonio è fondamentale per garantire la mitigazione climatica e la salute del suolo. Al centro dell’interesse c’è in particolare la stabilizzazione dell’elemento (che ne previene il rilascio in atmosfera) alla quale contribuisce, in parte, la decomposizione della necromassa dei microorganismi. Comprendere questa dinamica, ovviamente, è cruciale per definire una gestione sostenibile a lungo termine del terreno. Proprio per questo alcuni scienziati propongono oggi un nuovo modello di riferimento per valutare questo processo individuando alcuni aspetti chiave della cosiddetta “pompa microbica del carbonio nel suolo” (MCP).

Un indicatore di efficacia

Il concetto evoca la più nota “pompa biologica marina”, che definisce la capacità di sequestro dell’elemento dall’atmosfera da parte degli oceani. La sua variante “microbica”, spiega oggi un gruppo di ricerca dell’Istituto di Ecologia Applicata dell’Accademia Cinese delle Scienze, “evidenzia il ruolo del carbonio derivante dai microorganismi nella trasformazione e nel sequestro dell’elemento organico nel suolo”. Negli anni, gli studi su questo fenomeno non sono mancati. Nonostante questo, però, “le valutazioni dirette sono ancora in gran parte alle fasi iniziali”, spiega lo studio pubblicato sulla rivista Soil Biology and Biochemistry.

Nella ricerca, proseguono gli autori, “facciamo emergere aspetti importanti in merito esaminando la letteratura in materia, presentando scenari basati su modelli ed esplorando prospettive razionali sulla gestione sostenibile del carbonio nel suolo”.

Lo studio, spiega una nota, si è concentrato sulla terza fase di uno schema in tre tempi – reazione, comportamento ed effetto – in una prospettiva a lungo termine. Nel farlo gli autori hanno introdotto un nuovo indicatore chiamato ΔMCP efficacy, che quantifica il livello di sincronia o asincronia tra i cambiamenti nella necromassa microbica e i livelli di carbonio organico. La sincronia si riferisce a quelle situazioni in cui i residui microbici e il carbonio stesso aumentano o diminuiscono a tassi comparabili. Quando i cambiamenti tra i due processi non corrispondono si ha invece un’asincronia.

Misurare il carbonio non basta

La ricerca ha valutato 13 possibili scenari di cambiamento arrivando a una conclusione cruciale: la semplice misurazione della quantità di elemento stoccata può essere fuorviante. Se a determinare tale crescita è il carbonio instabile e facilmente decomponibile, ad esempio, potrebbero non esserci benefici climatici a lungo termine. Al contrario, l’accumulo di carbonio prodotto dai residui microbici appare più resiliente e resistente alle interferenze.

E qui entra in gioco l’indicatore: un’efficacia ΔMCP maggiore di zero indica un contributo più forte della necromassa dei microorganismi ovvero una maggiore stabilità del pool di carbonio.

Un’efficacia negativa, per contro, indica un’incidenza crescente di fonti non microbiche che renderebbero il sequestro da parte del suolo più instabile. “Siamo convinti che l’efficacia del △MCP possa essere considerata un importante parametro di valutazione, poiché riflette la tendenza evolutiva delle risposte funzionali del suolo in relazione allo stoccaggio di carbonio organico“, spiegano gli scienziati. ”Riteniamo inoltre che il quadro concettuale che aggrega tutti i possibili scenari di efficacia possa consentire una comprensione olistica del processo”.

Valutazioni più precise per la mitigazione del clima

Distinguendo tra forme stabili e instabili di accumulo di carbonio, insomma, il sistema di analisi basato sulla pompa microbica  consente una valutazione più attendibile delle pratiche di promozione del sequestro dell’elemento nel suolo. Con ovvie implicazioni nello sviluppo di pratiche di mitigazione climatica e di agricoltura sostenibile.

“Il nostro obiettivo ultimo è rendere l’indicatore adatto ad applicazioni pratiche, utilizzando una metrica quantitativa integrata in un quadro di riferimento concettuale, unificante e standardizzato”, concludono gli scienziati. “Così si può migliorare l’interpretazione dei dati contribuendo all’elaborazione di una gestione sostenibile dell’elemento nel suolo”.