10 Novembre 2025

Suolo UE, per il monitoraggio della qualità serve un approccio integrato

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Uno studio prende in esame diversi schemi di valutazione del suolo. Il sistema “binario” è il più adatto per una valutazione macro. Me servono anche strumenti per le indagini locali

di Matteo Cavallito

Un approccio alla valutazione della qualità del suolo basato sul criterio della “assenza di degrado” adottato dallo European Union Soil Observatory (EUSO) e previsto dalla Soil Monitoring Law appena approvata dal Parlamento UE, risulta essere il più indicato per un una valutazione dello stato dei terreni a livello continentale. A esso, tuttavia, devono affiancarsi ulteriori strumenti che – nel quadro dell’attività di monitoraggio – consentano di operare su varie scale garantendo anche analisi a livello locale. È la conclusione di uno studio pubblicato sullo European Journal of Soil Science.

Un sistema di valutazione definito free from degradation, nota l’indagine, definisce la qualità del suolo secondo uno schema binario (degradato/non degradato) e non in base alla sua produttività o a funzioni specifiche. Secondo questo metodo, di conseguenza, un terreno può dirsi di qualità in mancanza di fenomeni di degrado causati dall’uomo come erosione, perdita di sostanza organica, salinizzazione, contaminazione o impermeabilizzazione, per citarne solo alcuni.

L'obiettivo generale della direttiva per il monitoraggio del suolo è di riportare in salute i suoli europei entro metà secolo. FONTE: Commissione Europea

L’obiettivo generale della direttiva per il monitoraggio del suolo è di riportare in salute i suoli europei entro metà secolo. FONTE: Commissione Europea

Qualità e salute del suolo

L’indagine, promossa dal programma Horizon Europe e condotta da esperti di diverse istituzioni tra cui l’Università di Aberdeen, nel Regno Unito, e l’ISPRA, ha proposto un quadro concettuale per valutare la qualità dei suoli europei in modo coerente con l’obiettivo di migliorare la selezione e l’interpretazione degli indicatori. “Quello di salute è un concetto olistico che abbraccia la manifestazione e la complessità del fenomeno e mette in evidenza la vitalità e la resilienza a lungo termine“, spiega lo studio. ”Al contrario, la qualità è spesso vista attraverso la lente della sua capacità di soddisfare esigenze e funzioni umane specifiche, tipicamente in un arco di tempo più breve”.

Nella pratica, proseguono gli autori, l’analisi della salute del terreno si fonda su indicatori precisi – come densità apparente, sostanza organica e pH – che tendono a fornire un quadro riduttivo della complessità funzionale del suolo stesso.

Gli indicatori, afferma ancora la ricerca, sono necessari anche per valutare la qualità del terreno. Sceglierli, tuttavia, “è difficile a causa della diversità del clima, della topografia, della geologia e dei tipi di terreno, che determinano processi pedologici variabili”. Da qui la necessità di “stabilire principi e criteri chiari”. Lo studio, quindi, si pone l’obiettivo di descrivere diversi metodi di valutazione attraverso schemi “che possono essere classificati nell’ambito del più ampio concetto di qualità”.

Quattro quadri di riferimento

I ricercatori individuano quindi quattro quadri di riferimento:

  1. Fitness for purpose (idoneità allo scopo), che definisce la qualità in base all’uso valutando ad esempio la produttività agricola o altri servizi ecosistemici.
  2. Free from degradation (non degradato), che, come detto, considera la qualità come sinonimo di assenza di degrado antropico.
  3. External benchmarking (confronto esterno), che valuta la qualità paragonando lo stato del terreno con quello di suoli simili per promuovere un miglioramento continuo.
  4. Value assessment (giudizio sul valore), che riconosce il valore economico e naturale del suolo nel contesto del capitale naturale.

Tutto considerato, spiegano, “L’approccio ‘degradato/non degradato’ è particolarmente efficace su larga scala, ad esempio a livello nazionale, mentre lo schema ‘idoneità allo scopo’ è più adatto a livello locale. Il confronto esterno, che prevede l’uso di distribuzioni per stabilire il contesto e gli obiettivi, è più versatile e applicabile su diverse scale, favorendo l’integrazione di approcci diversi”.

Tre azioni per il futuro

Nello studio, concludono i ricercatori “Il quadro Free from Degradation è apprezzato per la sua coerenza con gli sforzi di protezione e la sua rilevanza rispetto alle minacce che gravano sul terreno”, un aspetto che lo rende “particolarmente adatto alle valutazioni condotte sull’intero Continente dall’Osservatorio del suolo dell’Unione europea”. Secondo i dati diffusi da quest’ultimo, ricorda la ricerca, oltre il 62% dei suoli mostra segni di degrado.

Di fronte alla necessità di monitorare e ripristinare i terreni europei, gli esperti dovranno completare tre diverse azioni: aggiornare e armonizzare i dati sugli indicatori EUSO; definire soglie accettate e strumenti di punteggio flessibili; sviluppare un indice composito di qualità/salute.

“Presentare in modo chiaro il concetto di qualità è essenziale per una comunicazione efficace e un processo decisionale informato, nonché per garantire che l’allocazione delle risorse e le azioni successive siano gestite in modo adeguato”, conclude lo studio. “Con l’evoluzione della Soil Monitoring Law e il monitoraggio su varie scale, la creazione di strumenti di valutazione dell’idoneità, come le tabelle di valutazione o il benchmarking, sarà sempre più importante per esaminare le situazioni a livello locale, con l’obiettivo finale di ottenere suoli sani in tutta la UE entro il 2050”.