14 Maggio 2025

Siti contaminati, solo il 6% dei suoli è stato bonificato

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Con i ritmi attuali, per attuare le bonifiche dei terreni dei 41 siti nazionali servirebbero diverse centinaia di anni. Foto di Collab Media su Unsplash

Lo rivela il rapporto “Bonifiche in stallo” che fotografa la situazione dei terreni nei 41 Siti di Interesse Nazionale. Solo il 5% ha progetti di messa in sicurezza approvati. Per le falde acquifere, le bonifiche sono ferme al 2%

di Emanuele Isonio

 

Dei 41 Siti di Interesse Nazionale perimetrati, che coprono un’area di 148.598 ettari (presenti in tutte le regioni, ad eccezione del Molise), ad oggi solo il 24% della matrice suolo è stato caratterizzato per definire tipologia e diffusione dell’inquinamento e progettare quindi gli interventi necessari. Solo il 5% del terreno delle aree perimetrate ha il progetto di bonifica o di messa in sicurezza approvato. Solo il 6% dei suoli ha raggiunto il traguardo della bonifica completa. I numeri sono contenuti nel report “Le bonifiche in stallo” realizzato da Legambiente insieme ad Acli, Agesci, Arci, Azione Cattolica e Libera.

Non va meglio per le falde acquifere: solo il 23% delle acque sotterranee ha il piano di caratterizzazione eseguito e solo il 7% ha il progetto di bonifica o di messa in sicurezza approvato. Scende al 2% la percentuale che vede il procedimento di bonifica concluso.

Appena 11 ettari bonificati ogni anno

La conseguenza di questa situazione è semplice: ogni anno, in media, vengono bonificati appena 11 ettari di terreni contaminati.

Continuando a questi ritmi in Italia ci vorranno mediamente, per i SIN più “virtuosi o fortunati”, almeno 60 anni ancora prima di vedere l’iter concluso.

Se tutto va bene a partire quindi dal 2085. Per gli altri siti, i tempi sono paragonabili a quelli per smaltire le scorie nucleari: centinaia di anni se non qualcosa di più, in alcuni casi.

La situazione migliora invece per i Siti di Interesse Regionale (SIR):  secondo gli ultimi dati raccolti e pubblicati da ISPRA, i siti interessati da procedimenti di bonifica nel 2023 sono complessivamente 38.556. Di questi, 16.365 con procedimento in corso (42%) e 22.191 (58%) con procedimento concluso.

A onor del vero, il problema delle bonifiche non è solo italiano. Tutt’altro. L’intera Unione europea è affetta dal fenomeno e spesso mancano anche i dati su quanto sia esteso il problema. L’Agenzia Europea per l’Ambiente ha stimato l’esistenza di 2,8 milioni di siti contaminati. Solo 1,4 sono quelli registrati. Solo l’8,3% di questi ultimi (115.385) risulta bonificato e solo lo 0,7% è sotto procedura di bonifica.

La mappa dei siti di interesse nazionali e regionali in attesa di bonifica. FONTE: ISPRA.

La mappa dei siti contaminati di interesse nazionali e regionali in attesa di bonifica. FONTE: ISPRA.

Le conseguenze sanitarie

I ritardi nelle bonifiche dei siti hanno ovviamente un impatto non solo sulla condizione ambientale dei terreni coinvolti. Enormi sono infatti anche le conseguenze sulla salute. Secondo lo studio Sentieri dell’Istituto Superiore di Sanità, nelle aree inquinate oggetto di studio, si registra “un eccesso di mortalità e di ospedalizzazione rispetto al resto della popolazione”.

“L’esposizione cronica di oltre il 10% della popolazione residente nei SIN e SIR – commentano gli autori del report – a rischi permanenti per la salute è responsabilità degli inquinatori, ma anche dello Stato e dei Governi regionali. Serve una responsabilità di governance a più livelli che riguardi gli aspetti ambientali, sanitari, e il rispetto della legalità. I territori colpiti dall’inquinamento industriale portano cicatrici profonde: malattie, morti, disoccupazione, emigrazione. Non è solo una questione ambientale, ma soprattutto di diritti fondamentali negati. Per questo lanciamo un appello alle istituzioni affinché si definisca una strategia nazionale per le bonifiche e contemporaneamente per la reindustralizzazione, nell’ottica della transizione ecologica“.

Superficie di suolo ricadente in area SIN e restituito ai fini del riuso: annualità 2014-2022. FONTE: Rapporto "La salute dei suoli italiani al tempo della crisi climatica", Re Soil Foundation, 2023 su dati Osservatorio bonifiche.

Superficie di suolo ricadente in area SIN e restituito ai fini del riuso: annualità 2014-2022. FONTE: Rapporto “La salute dei suoli italiani al tempo della crisi climatica”, Re Soil Foundation, 2023 su dati Osservatorio bonifiche.

Tempi non rispettati e assenza di strategia

Alla base delle lentezze nelle attività di bonifica, le associazioni segnalano due problemi principali. Il primo riguarda il divario tra quanto previsto dalla normativa e quanto realizzato nella pratica. La tempistica stabilita dalla legge prevede una deadline di 18 mesi per completare le prime tre fasi del processo amministrativo per procedere alle bonifiche dei SIN (caratterizzazione del sito, analisi dei rischi associati alla presenza delle sostanze inquinanti rilevate, predisposizione del piano di bonifica o di messa in sicurezza). I tempi ovviamente non sono rispettati, visto che per completare l’iter servono, nei casi migliori, anni.

Il secondo problema riguarda la mancanza in Italia di una strategia nazionale delle bonifiche, “uno strumento fondamentale per velocizzare il risanamento ambientale il cui giro d’affari si aggirerebbe intorno ai 30 miliardi di euro tra investimenti pubblici e privati” spiegano le associazioni. “Secondo stime di Confindustria, le risorse necessarie per bonificare i SIN presenti in Italia si aggirano intorno ai 10 miliardi di euro e se le opere partissero oggi, in 5 anni si creerebbero quasi 200mila posti di lavoro con un ritorno nelle casse dello Stato di quasi 5 miliardi di euro fra imposte dirette, indirette e contributi sociali”.

Una proposta di roadmap

Per questo le associazioni hanno presentato una loro road map nazionale con 12 priorità. In particolare, le associazioni chiedono:

  1. Il recepimento e l’armonizzazione, anche in Italia, delle migliori esperienze di programmi e percorsi già esistenti in ambito internazionale;
  2. Il miglioramento della gestione grazie al rafforzamento della collaborazione tra le diverse autorità coinvolte;
  3. L’integrazione dei finanziamenti e degli incentivi a disposizione, aumentando i finanziamenti pubblici e privati per i progetti di bonifica e creare incentivi per le aziende che investono in tecnologie di decontaminazione;
  4. Affrontare alcuni nodi normativi chiave come la semplificazione delle procedure, a partire dal D.Lgs. 152/2006, che prevede iter complessi e articolati per la bonifica dei siti contaminati;
  5. Chiarire ruoli e responsabilità;
  6. Adottare un approccio di governance dell’iter di bonifica uscendo dalla logica meramente prescrittiva vista fino ad oggi, che tenga conto non solo di obiettivi quali-quantitativi realistici e funzionali alla bonifica ma che ponga anche l’elemento temporale al centro del percorso e degli obiettivi da raggiungere;
  7. Garantire la formazione e l’aggiornamento continuo soprattutto del personale di amministrazioni comunali e provinciali;
  8. Armonizzare gli studi epidemiologici nei territori inquinati, pianificandone di nuovi, coinvolgendo direttamente i cittadini, anche in esperienze di co-progettazione, e facendoli diventare parte integrante dei progetti di bonifica stessi di un sito;
  9. Rafforzare il principio “chi inquina paga” rendendolo funzionale all’iter di bonifica superando l’ambiguità interpretativa come spesso avvenuto fino ad ora;
  10. Indirizzare i progetti di bonifica verso nuove ed attuali tecniche di bonifica, più sostenibili ed efficaci di quelle tradizionalmente usate privilegiando gli interventi locali in situ e on site rispetto a quelli off situ, che portano invece i rifiuti delle bonifiche lontani dall’area da disinquinare;
  11. Implementare sistemi partecipati di monitoraggio per permettere alla popolazione di seguire i progressi dei progetti di bonifiche;
  12. Strutturare tavoli territoriali partecipati e continuativi, coinvolgendo amministratori locali, aziende, esperti e tecnici, cittadini e associazioni, istituzioni regionali e nazionali.