26 Gennaio 2021

Lo storico direttore d’orchestra aveva acquistato un terreno di 8 ettari nel 1992 per sottrarlo a degrado e speculazioni edilizie. A sette anni dalla sua morte, gli eredi Abbado lo cedono in comodato gratuito a Legambiente per progetti di ricerca sulla biodiversità, educazione e tutela ambientale

di Emanuele Isonio

 

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Era una discarica abusiva, poteva diventare l’ennesimo pezzo di suolo di pregio venduto alla speculazione. È diventata invece un’oasi di pace, biodiversità e profumi di macchia mediterranea. Non solo: d’ora in poi sarà un palcoscenico per progetti di ricerca botanica, programmi ecologici, attività di educazione alla tutela del territorio. Il merito è della lungimiranza di Claudio Abbado, tra i più noti direttori d’orchestra mondiali e dei suoi eredi. Questi ultimi, in occasione del settimo anniversario della scomparsa dell’artista, hanno annunciato che quel terreno, otto ettari di paradiso tra le spiagge del Lazzaretto e delle Bombarde, nella costa nord-occidentale della Sardegna, sarà ceduto in comodato d’uso gratuito pluriennale a Legambiente per tutelarlo e renderlo fruibile da cittadini e ricercatori.

9mila piante piantumate al posto di lavatrici, pneumatici e scarti edilizi

Claudio Abbado acquistò nel 1992 quel terreno dall’Ersat, braccio esecutivo per l’agricoltura della Regione Sardegna. All’epoca quell’area era nient’altro che una discarica informale, un terreno che già stimolava appetiti speculativi, che volevano costruirvi strutture che avrebbero deturpato l’ambiente naturale della costa. Contemporaneamente, Abbado si impegnò a non realizzare alcuna edificazione immobiliare.

“Quando decise di acquistarlo – ricorda Alessandra, figlia del celebre musicista – quel terreno era ricoperto di rifiuti, in particolare siringhe, lavatrici, pneumatici e scarti edilizi. Lui scelse di sottrarlo a una condizione di abbandono ed era prossimo a diventare sito di un grande hotel di lusso, a massimo sfruttamento turistico. Lo ha tutelato e protetto semplicemente per quello che è: un’oasi naturale che svolge delle funzioni ecologiche essenziali.

Abbado cambiò quindi la destinazione dell’area: divenne, di fatto, un terreno agricolo. Da quel momento si dedicò a un grande progetto di bonifica: partirono 7 tir carichi di scarti e, successivamente, fece piantumare 9mila piante, ristabilendo l’ambiente della macchia mediterranea tipica del luogo. Negli anni, il terreno è diventato così un gioiello naturalistico tutelato e protetto per il suo importante valore ambientale, oggi inserito nel Parco regionale naturale di Porto Conte.

Un futuro fatto di ricerca, tutela, educazione

Le azioni intraprese saranno coerenti con il progetto originario ideato da Claudio Abbado, ovvero la tutela e la valorizzazione dell’ambiente. A coordinare le attività sarà un comitato, del quale faranno parte i rappresentanti della famiglia Abbado e dei circoli Legambiente di Alghero e Sassari.

Tra gli obiettivi dell’accordo, lo svolgimento di attività educative, di ricerca e di tutela e promozione dell’ambiente verso il territorio e verso la comunità locale, per un miglioramento della qualità della vita; la partecipazione a progetti finanziabili, compatibilmente con il piano di gestione della Zona di Protezione speciale di Capo Caccia; la stipula di collaborazioni con amministrazioni locali, università, enti di gestione di aree protette, scuole. Prevista anche la costituzione di una rete di economia civile per il rilancio dell’area. Essa coinvolgerà cittadini, imprese, realtà del terzo settore, amministrazioni pubbliche e mondo della ricerca.

“I principi e i valori di tutela dell’ambiente hanno ispirato la vita di un direttore d’orchestra che ha dato lustro alla cultura del nostro Paese. Ora potremo dare seguito a quell’impegno” commenta Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente. “È un’occasione straordinaria per raccontare come vivere in armonia con la natura sia indispensabile per affrontare insieme le grandi sfide, a partire da quella della crisi climatica”.

L’esigenza di un nuovo approccio culturale

Con le azioni portate avanti su quel terreno in Sardegna, Abbado voleva però anche dare un segnale di un preciso approccio culturale. Lo spiega sua nipote Francesca: “La crisi climatica che stiamo vivendo è soprattutto una crisi culturale. Lo dimostra la difficoltà accettare un cambio di rotta, di costumi, di comportamenti visti come una minaccia alla qualità della vita. Nonno ha dimostrato che investire nella natura, riconoscendola come soggetto per le funzioni che svolge è un primo passo per rispondere alla crisi che stiamo vivendo e per gettare le basi di una nuova società”.